Tuesday, August 30, 2005

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Thursday, August 25, 2005

Dagherrotipia, calotipia, ambrotipia, ferrotipia

Dagherrotipia, calotipia, ambrotipia, ferrotipia occupano un posto di particolare interesse nel campo del collezionismo delle fotografie d'epoca e meritano di essere separatamente considerate. Tutte queste forme di rappresentazione si affermano in gran parte grazie al favorevole atteggiamento della borghesia in ascesa, molto disponibile verso tutto ciò che può essere in grado di nobilitarla. La raffigurazione personale, fino ad allora privilegio dei nobili e dei ricchi mercanti, diventa ragionevolmente accessibile a tutti quelli che non sono nella condizione di dover lottare quotidianamente per la sopravvivenza. Il materiale costoso e le raffinate manipolazioni che il processo dagherrotipo richiedeva non resero comunque mai veramente popolare questa tecnica e il possesso di un tale ritratto equivaleva alla proprietà di un vero gioiello, quasi pregevole come la miniatura.


La confezione della dagherrotipia è quasi sempre elegantissima; essa si presenta, per lo più, come un astuccio di legno lavorato a rilievo, spesso ricoperto di pelle con impressioni raffiguranti volute e fiori. L'antina di sinistra, quando ancora esiste, è foderata di velluto, solitamente rosso, lavorato con disegni di fantasia. L'immagine è incastonata sulla destra, racchiusa in una cornicetta di rame a sbalzo; sotto al primo vetro è generalmente presente un'altra lastrina dorata che funge da passe-partout. Ricordiamo che qualsiasi tentativo di apertura dei sigilli di cui sono muniti i vetrini è destinato a provocare la rapida ossidazione della superficie argentea; d'altra parte nessuna pulizia è consigliabile, dato che anche un fiocco di cotone produce rigature vistose pur se usato con cautela. L 'immagine dagherrotipica è costituita da una lastrina di rame perfettamente spianata ed argentata su cui zone di opacità biancastra determinano l'immagine.
Il ritratto, poiché quasi universalmente di questo si tratta, è in genere ritoccato con pochi lievi colori dati a mano. Le dagherrotipie non sono praticamente mai firmate e solo raramente il fotografo faceva apporre un'impressione in oro sul dorso dell'astuccio. L'abituale impossibilità di identificare l'autore è comune a tutte le opere fotografiche di questo periodo pionieristico.
Esistono anche raffinatissimi medaglioni che le signore portavano al collo e dagherrotipie, queste meno interessanti dal punto di vista estetico, montate come quadretti da appendere. L'enorme complessità della realizzazione, la difficoltà del reperimento dei materiali adatti, l'ardua tecnica richiesta, costituiscono la migliore garanzia di autenticità e rendono praticamente impossibile l'esecuzione di falsi che non potrebbero assolutamente risultare remunerativi. Le imitazioni stesse, a questo punto, non sarebbero indegne di una collezione.
L'anno ufficiale di nascita della dagherrotipia è il 1839, in seguito all'annuncio della scoperta di Louis Jacques Mandé Daguerre, che venne pubblicamente spiegata dallo scienziato Arago il 19 agosto.


La lastrina di rame argentato veniva pulita e lucidata con pazienti procedimenti manuali e sensibilizzata attraverso l'esposizione ai vapori di iodio; questo trattamento andava a formare un leggero velo opaco di ioduro d'argento caratterizzato dalla proprietà di essere fotosensibile. La lastra veniva preparata nel buio quasi assoluto ed osservata di tanto in tanto, finché assumeva una colorazione dorata.
A questo punto era pronta per essere inserita nella camera oscura, che da questo momento si avvierà a diventare una vera macchina fotografica. L'esposizione veniva valutata ad esperienza e durava un tempo che, anche in giornate di sole e servendosi dei migliori obiettivi allora disponibili, durava comunque alcune decine di secondi. Fu solo con il perfezionamento del processo di Daguerre, con la sensibilizzazione al cloro (Claudet) e l'uso del bromo, che fu possibile eseguire ritratti nitidi e con gli occhi dei soggetti aperti. Una certa immobilità era comunque sempre richiesta e le immagini che ci sono rimaste testimoniano spesso la tensione delle persone che si facevano riprendere. Ricordiamoci pertanto che la ieraticità era una condizione necessaria piuttosto che una scelta deliberata. La dagherrotipia era comunque ben più sopportabile delle interminabili sedute imposte dalla raffigurazione pittorica. Lo sviluppo della lastrina veniva effettuato con l'azione dei vapori di mercurio che producevano una patina chiara nei punti colpiti dalla luce, l'appannamento dello ioduro nelle zone rimaste più in ombra veniva eliminato con un lavaggio in acqua calda salata, presto sostituito dal fissaggio in soluzione di tiosolfato di sodio (iposolfito). L'effettiva visione della figura è possibile solo orientandosi in modo che sulla superficie speculare si rifletta qualcosa di oscuro, in caso contrario si osserva una sorta di negativo. La tecnica ottico-chimica impiegata fa sì che il dagherrotipo sia sempre esemplare unico. In Italia è piuttosto difficile reperire pezzi di origine sicuramente nazionale, dato che gli antiquari trovano più comodo acquistare in Francia o in Inghilterra dove l'offerta è certamente meno limitata.
Per quanto riguarda le possibilità di restauro delle dagherrotipie è bene ribadire che è preferibile astenersi da qualsiasi intervento a meno che la situazione sia talmente compromessa da non consentire alternative.
A questo proposito si ricordi che anche il pennello più morbido può essere usato per togliere impurità soltanto quando la lastra sia immersa in acqua distillata addizionata con un tensioattivo fotografico. È possibile preparare una soluzione a base di tiourea e acido fosforico in grado di togliere l'ossidazione superficiale, trattamento che scioglie un piccolo quantitativo di argento e non può perciò essere ripetuto a piacere. Prima di procedere all'asciugatura è in ogni caso necessario lavare in soluzione fresca di tensioattivo, sciacquare molto bene, sempre in acqua distillata, e terminare diluendo qualche goccio di alcool etilico (non quello colorato per usi sanitari) oppure metanolo. Terminiamo ricordando, a chi fosse tentato di rispolverare questo procedimento, che le sostanze usate per la sensibilizzazione e lo sviluppo sono particolarmente tossiche e la loro incauta manipolazione può produrre danni alla salute, come sperimentarono anche i primi dagherrotipisti.
http://www.gri.it/storia/

Gli ambrotipi si diffusero in alternativa alle immagini dagherrotipiche negli anni che precedettero l'affermarsi del processo negativo-positivo e, conseguentemente, della stampa su carta.
Si trattava di immagini dirette ottenute su un supporto in vetro. Le dimensioni erano generalmente simili a quelle di una dagherrotipia e il costo risultava competitivo, dal momento che la dagherrotipia era realizzata su lastre ben più costose di rame argentato.


Il processo ambrotipico produceva una sorta di negativo sottoesposto. Per ottenere l'apparente inversione dei toni dell'immagine si procedeva allo schiarimento delle zone impressionate in modo simile alla dagherrotipia. La visione risultava più agevole, dal momento che non era richiesto un particolare angolo di osservazione e di incidenza della luce, tuttavia il risultato era comunque di scarsa luminosità e basso contrasto.
I toni chiari risultano alla visione sostanzialmente dei grigi. Per ottenere le ombre e i toni neri, sul retro della lastra ambrotipica veniva stesa una laccatura nera oppure si disponeva un panno o una carta nera. Accadeva così che le parti non impressionate, e quindi trasparenti, mostrassero direttamente il nero, mentre le parti impressionate, costituite da argento metallico scuro, venivano chimicamente schiarite, generalmente con l'azione di vapori di mercurio.


Questo procedimento, più economico della dagherrotipia, venne applicato solo quando si riuscì a sfruttare un'emulsione in grado di ricevere gli alogenuri d'argento (insolubili in acqua) che presentasse anche un'adesività permanente su una superficie liscia e antiadesiva come quella del vetro. Risolto il problema di stendere materiale sensibile su lastre di vetro, obiettivo ottenuto grazie all'albume e, in seguito, con altri materiali collosi di origine generalmente animale, per giungere infine al collodio... non esistevano altri ostacoli da superare per giungere direttamente alla stampa di positivi su carta partendo da un negativo su lastra in vetro.
L'ambrotipia non è infatti altro che un negativo debole su lastra in vetro, negativo che ha subito un processo di schiarimento chimico.
La concorrenza che l'ambrotipo sviluppò nei confronti della dagherrotipia fu fondata, oltre che sulla convenienza, sull'apparenza lucida del vetro e sulla possibilità di applicare ritocchi manuali con vernici e aniline sul verso della lastra. La soluzione tecnologica costituita dall'ambrotipo consentiva montaggi e presentazioni di tipologia simile a quelle del dagherrotipo, fratello maggiore e più pregiato con cui doveva confrontarsi. Tuttavia, come detto, la tecnica da cui nasceva, portava con sé i motivi stessi del declino e della rapida scomparsa di una tipologia fotografica rapida nella realizzazione ma di discutibile resa in termini di contrasto e visibilità.
Presto si preferì utilizzare le lastre in vetro albuminato direttamente per realizzare negativi corretti ed adatti alla stampa di positivi su carta. Gli ambrotipi mantennero un certo periodo di favore popolare per circa un decennio, tra gli anni della matura affermazione del processo dagherrotipico e i primi anni delle lastre alluminate destinate alla produzione di stampe positive su carta. La loro conservazione nel tempo risultò piuttosto critica, a causa del supporto su cui venivano realizzati. Decenni di vita, con i conseguenti spostamenti e stress meccanici hanno causato la distruzione o la scheggiatura degli esemplari, per cui il reperimento di copie ambrotipiche non è molto frequente.
Gabriele Chiesa
La dagherrotipia venne accolta con favore dalle classi in ascesa che riconobbero nella lastrina di rame argentato un supporto sufficientemente degno per la loro immagine. Allo stesso modo, la confezione elegante dell'ambrotipia non fece rimpiangere la presentazione delle miniature. Bisognava però che anche gli strati sociali più bassi fossero messi in grado di farsi ritrarre perché la grande rivoluzione democratica della fotografia potesse dirsi completata.

Uno degli strumenti privilegiati della divulgazione popolare si dimostrò essere la ferrotipia. Questa tecnica nacque in America e si diffuse, affermandosi rapidamente, anche in Europa.
L'identificazione del processo richiede qualche chiarimento; avviene infatti che lo stesso termine indichi tecniche diverse tra loro. La ferrotipia vera e propria venne messa a punto da A.A. Martin nel 1852; egli utilizzava una lastrina di metallo annerita e ricoperta di collodio umido. II processo originario, presto migliorato da Monckhoven, era noto anche come melainotipia. Successivi perfezionamenti vennero apportati nel 1856 da un altro Americano, Hannibal L. Smith, che chiamò tintipia la sua invenzione; questo è il nome che nei paesi anglosassoni definisce la stampa su lastrina di ferro.

Per aumentare la confusione bisogna aggiungere che lastre laccate per ferrotipia vennero impiegate anche per smaltare stampe su carta, comprimendole e facendole asciugare contro la superficie liscia; tali stampe vennero perciò da qualcuno impropriamente chiamate ferrotipiche.
In sostanza i vari procedimenti si riducono all'·inversione· apparente dell'immagine direttamente impressionata sulla lastra; si tratta quindi di un positivo ottenuto in copia unica, proprio come I'ambrotipia e la dagherrotipia. I lati della fotografia appaiono perciò invertiti. L 'insistenza che diversi fotografi dimostrarono nella ricerca di sistemi che consentissero di ottenere immediatamente un'immagine positiva è giustificata dalle richieste dell'utenza.


Per i clienti la fotografia si esauriva (e molti la pensano così ancora oggi) nell'atto della ripresa; le operazioni successive, considerate una perdita di tempo, costituivano un ostacolo obiettivo al consumo. Perché questa sorta di polaroid ottocentesca impiegava proprio il ferro quando erano noti sistemi sostanzialmente equivalenti, che impiegavano la carta, fino dal 1839 (H.Bayard)? Probabilmente i fattori di ordine psicologico hanno giocato un ruolo non irrilevante. 

Nel secolo delle invenzioni e del trionfo del progresso, il ferro costituiva un simbolo di tutti i vantaggi della tecnologia e nel contempo offriva garanzie di resistenza apparentemente valide. In realtà, la plasticità e l'ossidabilità di questo materiale hanno condannato ad una rapida distruzione le enormi quantità di immagini che furono prodotte con tale processo nell'arco di una quarantina d'anni dal momento della sua scoperta.
Quando la lamina viene incurvata per una causa qualsiasi è relativamente facile che si stacchino scaglie di lacca; frequentemente il collodio si fessura minutamente e I'aria e I'umidità penetrano innescando pericolosi processi di ossidazione.
Anche la laccatura del dorso si è dimostrata spesso insufficiente a prevenire la ruggine. Bollicine, rigonfiamenti, screpolature, sono I'aspetto abituale delle rare ferrotipie che sono sopravvissute.
La ferrotipia, grazie alla rapidità e all'economia del processo, rimase comunque, per alcuni decenni, il cavallo di battaglia di molti fotografi ambulanti. Costoro giravano di fiera in fiera allestendo il loro "studio" agli angoli delle strade e nelle piazze: un lenzuolo bianco alle spalle dei soggetti ed una seggiola impagliata ne costituivano lo scarno arredamento.


Dato che la clientela era costituita evidentemente da gente di passaggio, la caratteristica più importante che I'immagine doveva possedere era quella di essere immediatamente disponibile. La qualità dell'illuminazione era quella che le condizioni meteorologiche rendevano possibile, il fondale bianco di cui si è detto serviva per aumentare il rilievo dell'immagine. Siamo qui ben lontani dai margini di intervento di cui godevano i più noti professionisti: negli ateliers un complesso sistema di tendaggi consentiva di regolare con precisione la luce proveniente dalle ampie vetrate disposte lungo le pareti e il soffitto.
II procedimento ferrotipico, non era in grado di fornire bianchi puri, il contrasto ottenibile era perciò piuttosto insoddisfacente; la mancanza di profondità di queste riprese era poi aggravata dall'assenza di quegli accessori scenografici a cui I'ambulante doveva rinunciare per ovvi motivi di peso e d'ingombro. D'altra parte, contadini, piccoli commercianti, mediatori e artigiani si accontentavano facilmente, soddisfatti della sola idea di possedere comunque un ritratto. 

Oltre che nei mercati paesani la ferrotipia venne praticata con un certo successo da alcuni professionisti che operavano stagionalmente presso note località di cure termali (soggiornare al mare per prender bagni era ancora prematuro). La rapidità di consegna era anche in questo caso il fattore determinante.
La ferrotipia si presenta prevalentemente con fondale chiaro ma si conoscono anche rari esemplari con sfondo dipinto; in non pochi casi essa è coperta da una coloritura superficiale, applicata per vivacizzare il contrasto e dare più rilievo al ritratto. Sembra che questa tecnica non sia mai stata utilizzata per riprendere panorami anche se eccezionalmente è stata impiegata in esterno per ritratti informali (senza il solito lenzuolo).

Quasi tutte le immagini realizzate in ferrotipia risultano anonime, la raffigurazione è di gusto molto popolare e la gente che vi compare è abbigliata in modo più grossolano di quanto lo fossero i clienti dei fotografi di città (che peraltro disponevano a volte di un guardaroba per il noleggio, adatto a favorir menzogne sulle condizioni sociali dei soggetti). In molte zone agricole questa fu la prima applicazione della fotografia ad essere conosciuta direttamente.
Gabriele Chiesa
Accanto alla dagherrotipia furono eseguite, partendo dal 1841 (brevetto della calotipia) e per una quindicina d'anni, riprese con negativo su carta.


Tale tecnica è fondamentale dal punto di vista storico perché segna I'inizio della fotografia intesa come possibilità di moltiplicazione delle immagini da un 'unica matrice.

Dal punto di vista collezionistico questa radicale innovazione rappresenta però un vero enigma. Costretti a considerare solo la stampa finale, dato che il negativo è normalmente irreperibile, non è per noi possibile riconoscere con ragionevole sicurezza il metodo di ripresa. È perciò spesso impreciso parlare di calotipia, quale che sia il positivo nelle nostre mani. È bene chiarire che esistono sostanzialmente tre diverse tecniche con negativo su carta.
La prima è la calotipia propriamente detta, così denominata da Talbot che si riferì alle parole greche kalos, bello e typos, stampa. Talbot stesso apportò diverse modifiche alla preparazione di questo rudimentale negativo, a partire dalla spalmatura di cera per rendere più trasparente la matrice.
II procedimento di Blanquart Evrard, più complicato perché impiegava carta umida, ma capace di accorciare considerevolmente i tempi di esposizione.
II procedimento di Le Gray, che forniva un materiale poco sensibile ma più preciso nella riproduzione dei dettagli.
Gli originali di questi diversi sistemi non sono tra loro molto diversi e, quel che più importa, non esistono possibilità pratiche di appurarne I'autenticità. È perciò perfettamente legittimo parlare di calotipia solo in due occasioni: quando I'originale è allegato a documenti di accertata origine; quando il negativo è accompagnato da una stampa positiva, montata in modo inalterabile su un supporto contrassegnato (cartoncino con timbratura originale del fotografo).


I metodi che impiegavano il negativo di carta furono applicati con una certa parsimonia. II licenziatario di Daguerre a Londra, Antoine Cludet, offriva ai suoi clienti ritratti calotipici e dagherrotipie ma erano queste ultime ad essere abitualmente preferite per I'incisione, la luminosità e la preziosità.
Le stampe da negativo su carta risultavano invece più sgranate e indeterminate, per effetto delle fibre di cellulosa, che risultavano riprodotte sull'immagine finale. Maggior successo ottenne Henry Collen che effettuava però rilevanti ritocchi, tanto che in realtà si può parlare di miniature sovrapposte alla fotografia. Fatte perciò le debite eccezioni per pochi pionieri o pittori che se ne servirono per scopi artistici, utilizzando proprio la caratteristica scarsa definizione dell'immagine, la diffusione dei diversi metodi fu sempre limitata, risultando presto soppiantata dal negativo su vetro.

Eppure alcuni positivi d'epoca, in particolare quelli con data antecedente il 1860, possono presentarsi con una granulosità fibrosa del disegno, portare I'impressione di un autore che impiegò la talbotipia... Se eseguiti su carta salata ma anche sulle prime carte albuminate, potrebbero effettivamente provenire da negativi cartacei Tale ipotesi potrebbe essere avvalorata dal fatto che i soggetti raffigurati presentano le palpebre abbassate e la pupilla disegnata a mano, indice di posa molto prolungata, ma si tratterebbe solo di supposizioni. La faciloneria nell'identificazione di riprese calotipiche ha condotto, anche a livello di esperti, a prendere granchi di ragguardevoli dimensioni.
In definitiva però, ciò che veramente conta, non è tanto la tecnica impiegata per la ripresa, quanto ciò di cui siamo effettivamente in possesso.
Lo studio andrà quindi condotto sul positivo esistente valutandone gli aspetti estetici, le informazioni visive, I'origine e la datazione. È quasi impossibile che la stampa montata sia un bidone. I foglietti di carta che portano I'immagine venivano incollati sul cartoncino impiegando adesivi di particolare tenacità ed inalterabilità; qualsiasi tentativo, di distacco può essere portato a termine solo danneggiando in modo irreversibile il supporto (I'azione prolungata del vapore o dell'acqua dissolve i collanti che danno compattezza al cartone, per cui esso finisce con lo sfaldarsi).


Non dimentichiamo che distruggere il cartoncino significa praticamente dissolvere le prove dell'autenticità della stampa e renderne problematica la datazione. È possibile falsificare un'immagine su un foglietto all'albumina (ma bisogna essere già artisti) più difficile diventa rifare il cartoncino, usando materie prime identiche agli originali e copiando alla perfezione le sigle tipografiche del fotografo e le eventuali impressioni a rilievo; a questo punto, anche se per assurdo le stampe d'epoca fossero valutate decine di biglietti da mille, sarebbe più remunerativo mettersi ad imitare direttamente i biglietti di banca.
Gabriele Chiesa
Calotipia
 
Procedimento negativo-positivo messo a punto da W.H.Fox Talbot nel 1839 (data di una cominucazione alla Royal Society appena dopo la pubblicazione del metodo di Daguerre). Segue un brevetto nel 1841. Rimane in auge fino alla introduzione del collodio umido. Da molti era stimato un procedimento di qualità inferiore alla dagherrotipia perchè richiede due passaggi per ottenere una positiva e perchè la qualità è inferiore. La preparazione della carta per i negativi e le stampe è identica: fine carta da lettera viene pennellata con una soluzione di ioduro di potassio e ioduro d'argento. Lo ioduro d'argento si scioglie in ioduro di potassio concentrato formando un complesso, dal quale riprecipita ioduro d'argento quando la soluzione viene diluita. La carta così preparata può venire seccata e sensibilizzata in un secondo tempo con una miscela di nitrato d'argento, acido gallico e acido acetico. Il negativo richiede un'esposizione di alcuni minuti in piena luce, e viene sviluppato in una soluzione simile a quella usata per la sensibilizzazione. Per facilitare la stampa, il negativo viene reso trasparente con cera e stampato in un torchietto a contatto fino a che compare una debole immagine. Questa viene rinforzata, più che sviluppata, con la soluzione usata per la sensibilizzazione. Il fissaggio dei negativi e dei positivi avviene in una soluzione di tiosolfato di sodio, come indicato da Herschel. Nel 1844 Talbot dà alle stampe il primo libro fotografico a dispense, contenente calotipie originali prodotte in un laboratorio appositamente attrezzato per la loro produzione in serie.

http://www.fotografianegliannitrenta.com/calotipia.htm
La fotoglifia rappresenta un momento della storia della produzione iconografica. Nasce dall'esigenza di giungere a produrre immagini stabili che possono essere utilizzate come illustrazioni.
La fotoglifia in senso stretto nasce precisamente il 22 ottobre 1858, annunciata da Talbot attraverso un articolo del "The Photographic News". William Henry Fox Talbot è conosciuto universalmente come uno dei padri della fotografia. Inventore della tecnica calotipica e, in collaborazione con Sir John F. W. Herschel, della fotografia ottico chimica contemporanea, con i fondamentali processi di fissaggio e di trattamento negativo- positivo.
Egli si era già cimentato nella soluzione dei problemi correlati a produzioni quantitativamente apprezzabili di stampe fotografiche. Aveva addirittura intrapreso la pubblicazione di libri illustrati fino dal 1844 con "The Pencil of Nature". Aveva però dovuto impiegare sei dipendenti per più di un mese, per riuscire a stampare solo un migliaio di copie del libro.
L'aspirazione era quella di giungere a una tecnologia che permettesse una produzione commercialmente interessante, anche se non propriamente industriale in senso esteso. La tecnica fotoglifica si fonda sulla proprietà del bicromato di potassio di divenire insolubile se esposto alla luce.
Ecco in dettaglio il processo originario di Talbot.
La gelatina sensibile di bicromato di potassio veniva stesa su di una lastra di rame. L'impressione fotografica veniva ottenuta con un positivo trasparente posto a contatto. Dopo l'esposizione, e senza procedere alla soluzione della gelatina solubile, si cosparge della gomma coppale sulla lastra, in modo da ottenere una granitura da acquatinta. La polvere di coppale va fatta fondere ed aderire alla superficie. La lastra va poi incisa con una soluzione di cloruro ferrico. La soluzione ferrica penetra in relazione alla densità incontrata e si ottiene così una sorta di lastra da stampa ad intaglio, coperta da piccolissimi incavi di profondità differenziata. Questa matrice viene utilizzata per la stampa ad inchiostro.
La qualità dei risultati di questa tecnica è piuttosto limitata ed è caratterizzata da una evidente disuniformità in zone di luminosità equivalente. Questa ed altre caratteristiche conducono a supporre che le stampe "photoglyphe" in possesso del Museo Ken Dami non siano esattamente propriamente delle fotoglifie.
Il termine fotoglifia è stato infatti spesso utilizzato in senso lato per riferirsi a tutti quei procedimenti di stampa in serie non strettamente fotografici che hanno preceduto la fotoincisione. La fotocalcografia, la collotipia e le loro variazioni sono per molti versi simili alla fotoglifia e con questa sono spesso stati confusi. Le stampe del Museo Ken Damy mostrano invece caratteristiche proprie della woodburytipia (1864, dal nome dell'inventore Walter B. Woodbury). Questa tecnica non mostra infatti né grana né retino e risulta sorprendentemente simile a una stampa all'argento. Sul supporto viene trasferita una gelatina pigmentata. La curva tonale caratteristica della gelatina bicromata fornisce un'accurata e progressiva traduzione della scala delle densità, per cui le ombre risultano profonde ma trasparenti e modulate. Tuttavia non si conoscono woodburytipie di dimensioni superiori al 25x35 cm, a causa della pressione necessaria per l'impressione (la misura normale è 19,5x22,5).
Le stampe eseguite in woodburytipia appaiono su un supporto di carta sottile di comune uso fotografico, montata su cartoncino, ritagliate sui bordi (come si faceva appunto per eliminare le sbavature della pressa) e sembrano calandrate.
Di questo procedimento si ebbe grande ricchezza di variazioni : fotoglifia, fotoplastografia e stampa fotoglittica.
Il termine "photoglyphe" venne usato frequentemente per sfuggire al versamento di particolari diritti di brevetto.
La stampa fotoglittica, come pure la woodburytipia erano più costose delle stampe ad inchiostro perché utilizzavano la gelatina fotografica (anche se unita a pigmenti e non direttamente impiegata per caratteristiche di fotosensibilità). Il primo in Francia a rilevare il brevetto di Woodbury fu l'editore Goupil, che lavorò ad Asnières dal 1870. Egli dichiarò comunque, come testimonia il giornalista Gastone Tissandier, di lavorare in fotoglifia ; lo stesso giornalista parla di una produzione settimanale di 10.000 stampe.
La fotoglifia, per quanto apparentemente simile alla fotografia propriamente detta, rimane un metodo fotoindustriale a produzione limitata e storicamente antecedente alla tradizionale fotoincisione.
Gabriele Chiesa

Stereoscopia
La fotografia stereoscopica consiste in una ripresa e successiva restituzione effettuata in analogia del sistema binoculare umano. Si tratta in pratica di realizzare due diverse immagini da punti di ripresa diversi, ma sul medesimo asse e opportunamente scostati. Così come noi siamo in grado di rilevare la profondità grazie alla contemporanea visione e confronto delle due immagini che ci giungono dagli occhi, così anche la fotografia effettuare due differenti riprese che contengono informazioni solo parzialmente coincidenti (in quanto disallineate). Se poi osserviamo contemporaneamente le due riprese, ma separatamente l'immagine di sinistra con l'occhio di sinistra e l'immagine di destra con l'occhio di destra... saremo in condizione di ripristinare il normale meccanismo di visione e di valutazione delle distanze cui siamo abituati.
Per la stereoscopia italiana si veda l'apposita sezione dedicata alla storia della stereoscopia in Italia.


Esempi di immagini stereoscopiche
in visione bidimensionale
Cliccare su un'immagine per ingrandirla e sfogliare tutta la serie.

Per l'osservazione tridimensionale si veda la sezione degli anaglifi
(per la visione della quale è indispensabile l'impiego degli appositi
occhialini con filtro rosso-verde oppure rosso-azzurro)


L'osservazione delle fotografie stereoscopiche avviene però a distanza ravvicinata, mentre i soggetti rappresentati richiedono una "messa a fuoco" a distanza decisamente maggiore. Ciò richiede l'impiego di lenti appositamente realizzate e in grado di restituirci l'impressione di osservare con l'appropriata messa a fuoco ed angolazione oculare.
La tecnica stereoscopica prevede quindi l'impiego di apposite macchine in grado di effettuare la doppia ripresa corrispondente al punto di vista dei due occhi (o di due riprese in sequenza e disassate orizzontalemente) e di un apposito sistema di visione che fornisca a ciascun occhio la visione individuale e soggettivamente corretta della sola immagine che gli compete.
La percezione tridimensionale complessiva viene elaborata dal cervello, che fonde ed analizza le informazioni seguendo i meccanismi di percezione che gli sono consueti e che l'esperienza ha rafforzato. Ciascun osservatore effettua questi processi di visione attivando i percorsi di rilevazione della realtà che ha personalmente elaborato. La coscienza di osservare un oggetto vicino e la tendenza a razionalizzare l'osservazione effettiva dell'immagine in un contesto artificiale rende a molte persone molto difficoltosa la visione. Si tratta di sviluppare un certo adattamenti in modo che gli occhi si abituino alla lettura della figura tridimensionale.
In ogni caso la scansione dei vari piani non risulta continua come nella realtà. I soggetti osservati appaiono come stampati su successivi livelli di profondità , quasi fossero figurine ritagliate e poste a distanze diverse.
Studiosi di varie epoche si sono occupati della percezione umana delle distanze, a tale proposito i primi contributi sono stati forniti addirittura ancora da Euclide e da Leonardo, forse il primo a considerare scientificamente la visione binoculare.
Il fisico inglese Sir Charles Wheatstone è comunque il primo scienziato che sviluppa approfonditi studi specifici sull'argomento, giungendo nel 1832 alla realizzazione di un sistema ottico in grado di rendere la visione tridimensionale. Con un apposito visore è così possibile osservare disegni con l'effetto di rilievo in epoca prefotografica. Le due immagini devono però ancora essere realizzate con estrema perizia a mano e solo con l'invenzione della fotografia si giunge all'applicazione matura della stereoscopia.
L'invenzione ottica di Wheatstone viene perfezionata ed adattata alla nascente fotografia da Sir David Brewster che realizza il primo stereoscopio nel 1849. Le lenti di osservazione si trovano appunto alla medesima distanza degli occhi, le riprese vengono effettuate con lo stesso criterio.

L'invenzione venne in seguito perfezionata con il contributo di diversi scienziati ed ottici francesi, fino a giungere alla presentazione di uno stereoscopio per dagherrotipie in occasione dell'Esposizione Universale di Londra del 1851.
La stereoscopia era a quel punto ormai matura per essere sfruttata commercialmente. Il londinese John Benjamin Dancer iniziò nel 1853 la produzione di visori e di collezioni di stereoscopie. Il successo fu subito lusinghiero e la moda della stereoscopia si diffuse rapidamente in tutta Europa.
A Parigi diversi produttori realizzarono raccolte di stereoscopie su tematiche molto diversificate e i visori entrarono in tutti i salotti della nobiltà e della borghesia. La riproduzione delle immagini non poteva ancora contare sulla stampa ad inchiostro su carta e la fotografia era ancora l'unico modo per diffondere rapidamente la visione di soggetti e luoghi lontani o inconsueti.
Questo strumento ottico consentiva di avere una vivida visione di panorami, monumenti, opere d'arte, architetture, personaggi... di cui solo pochi privilegiati potevano avere diretta esperienza.
La produzione di stereoscopie divenne così un fenomeno industriale di vaste proporzioni, rafforzato dall'evolversi della tecnologia fotografica.
Le stereoscopie sono state realizzate sostanzialmente seguendo tre tipologie di produzione: opache, semitrasparenti e trasparenti.

Nel primo caso si tratta di immagini fotografiche montate su cartoncino e da osservare per normale riflessione. Nel secondo caso, le stampe sono su carta molto leggera e montate su telaio in cartoncino, in modo da lasciare passare la luce dal dorso; sul verso risultano colorate, così che l'osservazione in luce diffusa permette di avere un effetto cromatico più gradevole ed apparentemente realistico. Infine, le stereoscopie su supporto trasparente sono realizzate direttamente su lastrine di vetro con emulsione fotosensibile; anche queste ultime possono essere colorate manualmente e l'osservazione per trasparenza ne rafforza l'impressione di tridimensionalità.

Qui è riprodotta una delle immagini singole che appartenengono alla stereoscopia precedente, l'osservazione è però qui per trasparenza. Il dorso fotografico della sottile carta di stampa è stato dipinto ad aquarello. Questa particolare lavorazione non costituiva un prodotto di tipo artistico, in quanto veniva svolta in serie da gruppi di operaie presso lo "Stbailimento Fotografico". Ogni operaia provvedeva a colorare con pochi tratti le zone della medesima tinta e passava poi alla compagna la stereoscopia per la prosecuzione del lavoro.

Ancora un dettaglio dell'immagine precedente, che permette di evidenziare una particolare lavorazione a punta di spillo. Si trattava di ottenere piccolissimi fori in corrispondenza dei punti luce (fiammelle di candele, luci di abbellimento, riflessi, ecc...). L'osservazione in semitrasparenza della stereoscopia restituiva la sensazione di punti particolarmente brillanti e luminosi in corrispondenza dei forellini, rafforzando l'effetto di vivida presenza del soggetto rappresentato.
In epoca moderna sono state realizzate anche immagini tridimensionali su materiale diapositivo; i dischi e i visori "View Master" appartengono ancora all'esperienza e ai ricordi dei meno giovani.


Anaglifia
Un'applicazione stereoscopica particolare è costituita dagli anaglifi, termine che trova la sua origine nelle voci greche "ana" - sopra - e "glifo" - impressione.
Si tratta di una coppia stereografica restituita sul medesimo supporto. In pratica l'immagine di sinistra e di destra vengono stampate insieme ma con inchiostri di colore complementare.

L'osservazione va effettuata con occhiali dotati di lenti colorate e adatte a filtrare la figura riflessa con l'appropriato colore. Se le due immagini sono state stampate rispettivamente in rosso e verde, l'occhiale di visione avrà appunto una lente rossa e una verde, così che ogni occhio vedrà l'immagine che gli compete, risultando oscurata dalla filtratura quella che non deve percepire.
La percezione d'insieme delle due figura sarà ricostruita dal cervello come un'unica raffigurazione in toni di chiaroscuro. Occhialini con la coppia rosso-verde e rosso-azzurro sono stati utilizzati anche nel corso di recenti campagne promozionali o proposti come trovata ottica, in abbinamento ad anaglifi, talvolta con intenti collezionistici. Si tratta tuttavia di curiosità che trovano una limitata diffusione solo presso una ristretta schiera di amatori.
Chi fosse in possesso di questo genere di occhialini è in condizione di visualizzare le immagini presentate nella sezione dedicata all'anaglifia su questo sito web.
Approfondimenti sulla stereoscopia sono disponibili nell'apposita sezione dedicata alla storia della stereoscopia in Italia.

Gabriele Chiesa

Thursday, August 18, 2005

TOURISM BUSINESS AND CULTURE PARK

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While “Science & Technology Parks” (STPs) were born in the States some 50 years ago (previously inside large companies, suddenly as autonomous centers)
in order to support the development of industrial companies,
Torism Business & Culture Park was born as a nonprofit organism in Florence some 3 years ago, in a club of Florentine friends, with the aims of supporting the development
of local companies operating in cultural tourism.

Actually there are roughly 200 Science & Technology Parks in 53 Countries in the world.
Our Project is a Virtual Park over internet that support the new protocols for Tourism and Culture


"Tourism as Social Network" our "motto".

We promote the open source operating system,
for our associates (hotels, b&b, travel agents, travel companies)

LINUX as the 'platform of choice' instead of 'proprietary' solutions
& all the web applications right for your company.
We offer also full asssistance for Mac users.
We teach how to spare time and money tips & tricks and everything else related to effectively promote your business.
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(RSS - F.O.A.F - Podcasting -Broadcasting)
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Attualmente i grandi parchi tecnologici sono circa 200 in 53 Paesi nel mondo.
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Teoria dei giochi

TEORIA DEI GIOCHI
Vito Fragnelli
Università del Piemonte Orientale
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Avanzate
vito.fragnelli@mfn.unipmn.it
Università di Siena
Dottorato in Ingegneria dell'Informazione
Maggio 2002
Dispense di Teoria dei Giochi
- 1 -
CAPITOLO I
UTILITA’ E RAPPRESENTAZIONE DI UN GIOCO
I.1 INTRODUZIONE
La Ricerca Operativa classica suppone che le decisioni relative ad un problema siano prese da un
unico decisore che può operare in totale autonomia e con completa libertà.
La Teoria dei Giochi tratta le situazioni in cui il risultato dipende dalle scelte fatte da più persone,
dette giocatori, che operano perseguendo obiettivi che possono risultare comuni, ma non identici,
differenti ed eventualmente contrastanti; possono essere presenti anche aspetti aleatori. Il nome
deriva da “Theory of Games and Economic Behavior” di Von Neumann e Morgenstern (1944).
Esempio 1 - Dilemma del prigioniero
E’ uno dei problemi più noti della Teoria dei Giochi; è stato
introdotto nel 1950 da Dresher e Flood; la “storiellina” seguente è
dovuta a Tucker. Due individui I e II sono stati arrestati per lo
stesso reato e vengono interrogati separatamente dal giudice; ognuno può scegliere
indipendentemente dall’altro di confessare (C) o non confessare (NC). Se entrambi non confessano,
vengono condannati per reati minori a due anni ciascuno, se entrambi confessano vengono
condannati a cinque anni ciascuno, se uno confessa e l’altro no quello che confessa ha uno sconto di
pena e viene condannato a un anno, mentre l’altro ha un’aggravante e viene condannato a sei anni.
Le pene sono riportate nella tabella come coppia (I, II).
Ragionevolmente I sceglie C poichè consegue una condanna minore qualunque sia la scelta di II
(-5 > -6 ; -1 > -2) e analogamente II sceglie C. La decisione attesa è quindi (C, C) a cui corrisponde
una condanna a 5 anni per ciascuno (equilibrio in strategie dominanti), mentre per entrambi sarebbe
più vantaggiosa la scelta (NC, NC) con 2 anni per ciascuno. ◊
Esempio 2 - Battaglia dei sessi
Due fidanzati devono scegliere tra andare al teatro (T) o alla
partita (P). I preferisce il teatro mentre II preferisce la partita, ma
entrambi non hanno interesse a restare da soli, come riportato
nella tabella a fianco. In questo caso non esiste una strategia dominante per nessun giocatore (ad
esempio per I scegliendo T si ha che 2 > 0 ma 0 < 1). ◊
Esempio 3 - Puro coordinamento
E’ una semplice, ma significativa, variante in cui entrambi i
I II C NC
C -5, -5 -1, -6
NC -6, -1 -2, -2
I II T P
T 2, 1 0, 0
P 0, 0 1, 2
I II A B
A 1, 1 0, 0
B 0, 0 1, 1
Dispense di Teoria dei Giochi
- 2 -
giocatori hanno le stesse preferenze. ◊
Si possono fare alcune considerazioni.
Nell’esempio 2 (e soprattutto nel 3) una comunicazione per conoscere la decisione dell’altro
giocatore, o un accordo al 50 per cento, o una strategia correlata possono risolvere facilmente il
problema. Nell’esempio 1 invece questo non succede in quanto la possibilità di comunicare
renderebbe probabile un accordo per la strategia NC, ma al momento della decisione I
risceglierebbe C poichè -1 > -2 e per lo stesso motivo anche II risceglierebbe C.
Secondo la classificazione di Harsanyi (1966) si distinguono due classi di giochi:
Giochi non cooperativi Non sono possibili accordi vincolanti tra i giocatori.
Giochi cooperativi Sono possibili accordi vincolanti tra i giocatori.
Osservazioni
• Attualmente si preferisce assumere, più restrittivamente, che in un gioco non cooperativo i
giocatori non possano nemmeno comunicare in quanto ciò potrebbe alterare il risultato.
• I giochi cooperativi sono divisi in due sottoclassi: giochi a utilità non trasferibile (NTU) o
senza pagamenti laterali, e giochi a utilità trasferibile (TU) o a pagamenti laterali, che
costituiscono un caso particolare dei giochi NTU.
I.2 TEORIA DELL’UTILITÀ
I giocatori cercano di massimizzare il loro risultato, cioè la loro utilità, però è necessario definire
quale risultato si vuole perseguire poichè devono essere presi in considerazione valori differenti:
economico, sentimentale, sociale, ecc. Ad esempio se un decisore deve scegliere se donare una
somma di denaro senza ricevere nulla in cambio, considerando solo i valori monetari il risultato
sarebbe sempre non donare. Pertanto è necessario precisare per ciascun giocatore quale tra due
eventi dati è più “utile” in un senso più ampio.
Definizioni
# Dati due eventi A e B si dice che A è preferibile a B per un giocatore se egli cerca di
conseguire A invece di B e si indica con A p B.
# Dati due eventi A e B si dice che A è indifferente a B per un giocatore se nessuno è preferibile
all’altro e si indica con A i B.
Assiomi
1) Dati due eventi A e B allora A p B oppure B p A oppure A i B
2) A i A
Dispense di Teoria dei Giochi
- 3 -
3) A i B ⇒ B i A
4) A i B, B i C ⇒ A i C
5) A p B, B p C ⇒ A p C
6) A p B, B i C ⇒ A p C
7) A i B, B p C ⇒ A p C
La relazione di preferenza è solo qualitativa e non quantitativa, per cui non si adatta a definire
quanto si può ottenere in più a fronte di un rischio maggiore. Inoltre qualunque bene non soddisfa
alcuna ipotesi di linearità, tranne al più in brevi intervalli.
Gli eventi possono essere certi oppure incerti secondo una probabilità nota; tale situazione viene
rappresentata tramite il concetto di lotteria.
Definizione
Dati due eventi A e B si chiama lotteria l’evento rA + (1 - r)B, 0 ≤ r ≤ 1, in cui A si verifica con
probabilità r e l’evento B con probabilità 1 - r.
Osservazione
• La lotteria non è una combinazione lineare di eventi, in quanto il risultato può essere solo A o
B e non qualcosa di intermedio; la lotteria permette di valutare l’evento “esce A o esce B”.
Proprietà
• A i C ⇒ {rA + (1 - r)B} i {rC + (1 - r)B} ∀ r, ∀ B
• A p C ⇒ {rA + (1 - r)B} p {rC + (1 - r)B} r > 0, ∀ B
• A p C p B ⇒ ∃! r, 0 < r < 1 t.c. {rA + (1 - r)B} i C
Osservazione
• Se un decisore soddisfa gli assiomi 1) - 7) e le proprietà precedenti viene considerato
“razionale”.
Esempio - Preferenze
Siano date le lotterie:
E1 = {0, 100 con P(0) = 1/2, P(100) = 1/2}
E2 = {40, 60 con P(40) = 3/4, P(60) = 1/4}
E3 ={0, 100, 40, 60 con P(0) = 1/2, P(100) = 1/2, P(40) = 3/4, P(60) = 1/4}
Il guadagno atteso di E1 è 50, quello di E2 è 45 e quello di E3 è 47.5, ma questo non impone una
preferenza tra i tre eventi, nel senso che E1 permette guadagni maggiori, E2 garantisce rischi minori
ed E3 è intermedio; le uniche relazioni da soddisfare sono:
Dispense di Teoria dei Giochi
- 4 -
E1 i E2 ⇒ E1 i E3, E2 i E3
oppure
E1 p E2 ⇒ E1 p E3, E3 p E2
oppure
E2 p E1 ⇒ E2 p E3, E3 p E1 ◊
Una relazione di preferenza può essere rappresentata con una funzione di utilità u : E → R, dove E
è lo spazio degli eventi, per cui per ogni coppia di eventi A e B:
A p B ⇔ u(A) > u(B)
u(rA + (1 - r)B) = ru(A) + (1 - r)u(B) 0 ≤ r ≤ 1
La funzione di utilità permette di quantificare le preferenze, riferendole ad un numero reale; inoltre
la funzione u è unica a meno di trasformazioni affini, cioè u è una funzione di utilità se e solo se lo
è anche:
û = αu + β con α > 0.
Esempio - Funzioni di utilità
Il dilemma del prigioniero può essere rappresentato con una qualunque delle seguenti matrici:
I II C NC
C -5, -5 -1, -6
NC -6, -1 -2, -2
I II C NC
C 1, 1 5, 0
NC 0, 5 4, 4
I II C NC
C -4, 0 0, -10
NC -5, 40 -1, 30
Le tre matrici sono legate dalle relazioni affini:
u’I = uI + 6 u”I = uI + 1
u’II = uII + 6 u”II = 10uII + 50 ◊
I.3 RAPPRESENTAZIONE DI UN GIOCO
Un gioco può essere presentato principalmente in tre forme: la forma estesa, introdotta da von
Neumann (1928) e formalizzata da Kuhn (1953); la forma strategica, così chiamata da Shubik
(1982) ma già definita forma normale da von Neumann e Morgenstern (1944); la forma
caratteristica dovuta a von Neumann e Morgenstern (1944), usata per i giochi cooperativi.
Definizioni
# Si chiama funzione dei pagamenti (payoff) una funzione f che assegna ad ogni giocatore la
sua vincita per ogni possibile terminazione del gioco.
# Si chiama strategia del giocatore i una funzione σi che assegna al giocatore i le sue possibili
mosse per ogni possibile situazione del gioco.
Dispense di Teoria dei Giochi
- 5 -
In altre parole la strategia può essere vista come un “piano di azione” che individua in ogni
situazione del gioco una “azione” tra le tante possibili.
Forma estesa
E’ una descrizione puntuale del gioco, delle mosse e delle relative probabilità, della situazione dopo
ogni mossa, delle strategie, degli insiemi di informazione (insiemi di nodi che globalmente
rappresentano la situazione di un giocatore), ecc.; risulta molto ricca ma poco maneggevole.
In generale si utilizza una rappresentazione ad albero in cui ad ogni nodo si associa una possibile
situazione del gioco, agli archi uscenti da ciascun nodo si associano le possibili mosse del giocatore
che è chiamato a muovere in quella situazione e ai nodi terminali si associano i valori delle vincite
(payoff) di ciascun giocatore.
Definizione
Un gioco G si dice a informazione imperfetta se esiste almeno un insieme di informazione
contenente più di un elemento.
Forma strategica
Se ci sono n giocatori si utilizza una 2n-upla (Σ1, Σ2, …, Σn, f1, f2, …, fn) dove:
• Σ1, Σ2, …, Σn sono insiemi non vuoti contenenti le possibili strategie o scelte di ogni giocatore.
• f1, f2, …, fn sono funzioni reali definite sul prodotto cartesiano degli insiemi Σi cioè:
fi
: Π
k=1,...,n
Σk → R
Una possibile interpretazione è che tutti i giocatori scelgono contemporaneamente la loro strategia e
la fi dice quale è il guadagno del giocatore i determinato dalle scelte fatte.
Gli elementi della forma strategica possono essere riassunti in una tabella come negli esempi
precedenti.
Se il gioco è a due giocatori si parla anche di gioco a matrice doppia, in quanto i payoff dei
giocatori possono essere rappresentati tramite due matrici.
Forma caratteristica
Definizioni
# Detto N l’insieme dei giocatori, ogni sottoinsieme S di N è detto coalizione. Se S = N si ha la
grande coalizione.
# Si dice funzione caratteristica di un gioco cooperativo TU ad n giocatori una funzione
v : ℘(N) → R con v(Ø) = 0
Dispense di Teoria dei Giochi
- 6 -
# Se per ogni coppia di coalizioni disgiunte S e T si ha v(S ∪ T) = v(S) + v(T) la funzione v è
detta additiva; se si ha v(S ∪ T) ≥ v(S) + v(T) la funzione v è detta superadditiva; se si ha
v(S ∪ T) ≤ v(S) + v(T) la funzione v è detta subadditiva.
In altre parole v assegna ad S la massima vincita possibile indipendentemente dal comportamento
degli altri giocatori.
Osservazione
• In generale la funzione caratteristica è sufficiente a descrivere il gioco, per cui possono essere
identificati.
Un gioco descritto tramite la funzione caratteristica è detto in forma caratteristica. Se la funzione
caratteristica è additiva o superadditiva o subadditiva anche il gioco è detto additivo o superadditivo
o subadditivo. Se per ogni coalizione S si ha v(S) + v(N\S) = v(N) il gioco è detto a somma costante.
Esempio - Maggioranza semplice
Tre giocatori devono attraversare un fiume; dispongono ciascuno di una tavola di lunghezza minore
della larghezza del fiume, ma tale che due tavole unite insieme permettono di attraversare il fiume;
si osservi che le tavole possono avere anche lunghezze diverse, purchè soddisfacenti i requisiti
precedenti.
La forma caratteristica è data da:
N = {1, 2, 3}
v(Ø) = v(1) = v(2) = v(3) = 0
v(1, 2) = v(1, 3) = v(2, 3) = v(1, 2, 3) = 1
Non è detto come si realizza l’accordo tra i giocatori. ◊
La forma caratteristica costituisce una descrizione molto “povera” del gioco, in quanto non
permette di definire la vincita di ogni singolo giocatore della coalizione, ma solo la vincita della
coalizione.
Esempio - Rappresentazioni del dilemma del prigioniero
Forma estesa
-5, -5 -1, -6
C NC
II
-6, -1 -2, -2
C NC
II
Insieme di informazione
I
Dispense di Teoria dei Giochi
- 7 -
Forma strategica ΣI = {C, NC}; ΣII = {C, NC}
fI(C, C) = -5; fI(C, NC) = -1; fI(NC, C) = -6; fI(NC, NC) = -2
fII(C, C) = -5; fII(C, NC) = -6; fII(NC, C) = -1; fII(NC, NC) = -2
Forma caratteristica N = {I, II}
v(Ø) = 0; v(I) = v(II) = -5; v(I, II) = -4 ◊
I.4 CONCETTO DI SOLUZIONE DI UN GIOCO (SOLUTION CONCEPT)
Una volta detto cosa è un gioco e come lo si può rappresentare è necessario specificare cosa vuol
dire risolverlo o determinare una soluzione.
Innanzitutto poichè le variabili decisionali non dipendono da un unico giocatore, non è possibile
dare una soluzione in senso classico; risolvere un gioco consiste nel fornire delle indicazioni ad uno
o più giocatori, eventualmente tutti, sulle strategie da adottare se il gioco è non cooperativo o
cooperativo ad utilità non trasferibile, oppure sulla suddivisione della vincita se il gioco è
cooperativo ad utilità trasferibile. Ovviamente tali indicazioni non possono essere assolute in quanto
bisogna tenere conto di altri fattori alcuni aleatori, altri legati a preferenze e sensazioni del singolo
giocatore.
Nell’esempio della battaglia dei sessi se entrambi sono “egoisti” o “altruisti” l’esito è una serata
solitaria per entrambi, quindi è necessario che uno sia “egoista” e l’altro “altruista”; d’altra parte è
sufficiente che nelle situazioni precedenti sia stata scelta più volte la partita per far si che sia
probabile la scelta teatro (o viceversa), senza quindi coinvolgere “egoismo” e “altruismo”, ma solo
un sentimento di “parità”.
In altre parole il termine “concetto di soluzione” indica quella che secondo alcuni criteri assoluti è
una scelta che può risultare accettabile a tutti i giocatori secondo i loro criteri soggettivi.
Esempio - Divisione di una torta tra due giocatori
E’ uno dei problemi più significativi, in quanto molto semplice, molto comune e molto complesso.
La soluzione più usuale in cui uno taglia e l’altro sceglie in realtà non è assolutamente equa in
quanto può favorire chi sceglie se chi taglia non è preciso, o chi taglia se è a conoscenza di qualche
preferenza o “punto debole” di chi sceglie. ◊
Dispense di Teoria dei Giochi
- 8 -
CAPITOLO II
GIOCHI NON COOPERATIVI
II.1 INTRODUZIONE
In questa classe di giochi, introdotta da Von Neumann e Morgenstern (1944), i giocatori non
possono stipulare accordi vincolanti (o comunicare), indipendentemente dal fatto che i loro obiettivi
siano contrastanti o comuni e possano quindi avere interesse ad accordarsi.
Esempio - Congestione
Per andare da A a B sono possibili tre strade con differenti
tempi di percorrenza, che dipendono dalla lunghezza e da altri
fattori, in particolare dal traffico, per cui se più persone
scelgono la stessa strada il corrispondente tempo aumenta. Si
considerino tre utenti e si supponga che l’aumento sia di due minuti se una strada è scelta da due
utenti e di cinque minuti se è scelta dai tre utenti.
Il gioco può essere rappresentato in forma strategica dalle seguenti tabelle:
III = T
I II T M B
T 16,16,16 13,10,13 13,14,13
M 10,13,13 12,12,11 10,14,11
B 14,13,13 14,10,11 16,16,11
III = M
I II T M B
T 13,13,10 11,12,12 11,14,10
M 12,11,12 15,15,15 12,14,12
B 14,11,10 14,12,12 16,16,10
III = B
I II T M B
T 13,13,14 11,10,14 11,16,16
M 10,11,14 12,12,14 10,16,16
B 16,11,16 16,10,16 19,19,19
In questo caso l’obiettivo dei giocatori è comune (ma non è identico, in quanto ognuno vuole
minimizzare il proprio tempo di percorrenza), ma la cooperazione, nel caso reale, è resa impossibile
dalla difficoltà di accordarsi su chi percorre le strade più lente. ◊
II.2 EQUILIBRIO DI NASH
Il più semplice e importante concetto di soluzione per un gioco non cooperativo è l’equilibrio di
Nash (1950).
Definizione
Dato un gioco G si dice che una n-upla di strategie ( *1 σ , *2 σ , …, *n σ ) con *i σ ∈ Σi, costituisce un
equilibrio, o è in equilibrio se nessun giocatore ha interesse ad essere l’unico che cambia strategia,
cioè se:
fi( *1 σ , …, *i σ , …, σ*n ) ≥ fi( σ1* , …, σi , …, σ*n ) ∀ σi ∈ Σi, ∀ i
Ovviamente possono esistere differenti strategie per uno o più giocatori a cui corrispondono payoff
migliori, come nel caso del dilemma del prigioniero in cui l’equilibrio risulta inefficiente e il
A B
T = 11'
M = 10'
B = 14'
Dispense di Teoria dei Giochi
- 9 -
risultato più ovvio per un “supervisore” non è di equilibrio.
Esempio - Pari e dispari modificato
I due giocatori possono lanciare 1, 2, 3; il giocatore I vince se
la somma dei numeri è pari, altrimenti vince il giocatore II.
Apparentemente il gioco è favorevole al giocatore I che può
vincere in 5 casi su 9. D’altra parte il giocatore II potrebbe
giocare 2 e quindi avrebbe 2 risultati vincenti su 3; ma a questo punto il giocatore I giocando 2 è
“sicuro” di vincere. Analogamente il giocatore I potrebbe giocare 1 (o 3) per avere 2 risultati
vincenti su 3 e a questo punto il giocatore II giocando 2 è “sicuro” di vincere. Cercare di aumentare
le proprie possibilità di vincere porta alla sconfitta “sicura”. ◊
Osservazione
• Si possono evidenziare alcuni limiti dell’equilibrio di Nash in strategie pure:
􀂾 inefficienza (dilemma del prigioniero);
􀂾 non unicità (battaglia dei sessi);
􀂾 non esistenza (pari e dispari).
Raffinamenti
Esistono numerosi raffinamenti dell’equilibrio di Nash, tra i quali l’equilibrio perfetto nei
sottogiochi, che si ricollega alla programmazione dinamica di Bellman (Selten, 1965), l’equilibrio
correlato che incorpora aspetti di comunicazione tra i giocatori (Aumann, 1974) e l’equilibrio
perfetto o “della mano tremante” che considera le perturbazioni (Selten, 1975).
Esempio - Strategie correlate
Ad un incrocio due automobilisti possono scegliere se passare (P) o
fermarsi (F). Passare se l’altro si ferma permette di guadagnare 5,
fermarsi entrambi comporta una perdita 1, ma se passano entrambi
la perdita è maggiore … E’ facile verificare che esistono due equilibri di Nash (P, F) e (F, P) con
valore atteso 5 per chi passa e 0 per chi si ferma (quindi la somma è 5); la scelta di fermarsi
comunque è la più sicura ma ha un valore atteso negativo, salvo nel caso improbabile che l’altro
passi comunque. Si può allora correlare la strategia ad un evento esterno: il semaforo. Utilizzando
un ciclo semaforico che fa passare le auto provenienti dalle due direzioni al 50 per cento, si ottiene
un valore atteso 2.5 per entrambi (e la somma è ancora 5) e una notevole sicurezza se i giocatori
accettano la strategia correlata, cioè rispettano il codice della strada. ◊
I II 1 2 3
1 P D P
2 D P D
3 P D P
I II P F
P -10, -10 5, 0
F 0, 5 -1, -1
Dispense di Teoria dei Giochi
- 10 -
Esempio - Mano tremante
Il gioco a lato ha due equilibri di Nash (T, L) e (B, R). Il primo
sembrerebbe più vantaggioso, ma è più rischioso in caso di
perturbazioni. Nel primo caso un “errore” non danneggia chi lo
commette, ma danneggia fortemente l’altro. Nel secondo caso si ha un danno solo nel caso di un
proprio errore. ◊
II.3 STRATEGIE MISTE
Definizione
Si chiama strategia mista per un giocatore una distribuzione di probabilità sull’insieme delle sue
strategie (pure). Se l’insieme delle strategie pure è formato da n elementi una strategia mista si può
indicare con un vettore x = (x1, x2, …, xn) con xi ≥ 0 e Σ
i=1,...,n
xi = 1.
L’insieme delle strategie miste del giocatore I si indica con X e l’insieme delle strategie miste del
giocatore II si indica con Y.
Definizione
Un gioco G si dice a somma zero se per ogni terminazione del gioco la somma dei payoff è nulla.
Nel caso più semplice a due giocatori la matrice dei pagamenti può essere espressa indicando la
vincita, positiva o negativa, del primo giocatore poichè la vincita del secondo è in ogni caso
l'opposto. Si può utilizzare una matrice A in cui la riga i è associata alla strategia σi del giocatore I,
la colonna j alla strategia σj del giocatore II e l'elemento aij rappresenta quanto il primo giocatore
riceve dal secondo se giocano la coppia di strategie(σi, σj).
Definizione
La rappresentazione tramite la matrice A è detta forma normale.
Definizione
Dato un gioco G a due giocatori a somma zero in forma normale con matrice A è detta vincita attesa
se il giocatore I gioca la strategia mista x ∈ X e il giocatore II gioca la strategia mista
y ∈ Y la quantità:
A(x, y) = Σ Σ
i=1,...,n j=1,...,m
xiaijy j = xTAy
E’ possibile definire la vincita minima per il giocatore I se sceglie la strategia mista x ∈ X come:
v(x) = y Y
min xTAy
∈ =
j
min xTA.j
I II L R
T 10, 10 0, 10
B 10, 0 1, 1
Dispense di Teoria dei Giochi
- 11 -
e la perdita massima per il giocatore II se sceglie la strategia mista y ∈ Y come:
v(y) = x X
max xTAy
∈ = i
max Ai .y
dove A.j e Ai. sono la colonna j e la riga i di A e le seconde uguaglianze derivano dal fatto che il
minimo e il massimo cercati si ottengono con strategie pure.
L’obiettivo del giocatore I è massimizzare v(x) ottenendo la quantità:
vI =
x X j
max min xTA.j

e quello del giocatore II è minimizzare v(y) ottenendo la quantità:
vII = y Y j
min max Ai .y

Definizione
La strategia mista x che permette al giocatore I di ottenere vI è detta maximin; la strategia mista y
che permette al giocatore II di ottenere vII è detta minimax.
vI e vII sono detti valore del gioco per i giocatori I e II.
Teorema del minimax (von Neumann, 1928)
vI = vII.
Osservazione
• Nel caso in cui il gioco non sia a somma zero il precedente teorema non sussiste.
II.4 DOMINANZA
Talvolta le dimensioni del problema, cioè il numero di strategie, possono essere ridotte eliminando
alcune strategie.
Definizione
La strategia σh domina la strategia σk per il giocatore i se fi(σh, σ-i) ≥ fi(σk, σ-i), per ogni (n-1)-upla
di strategie σ-i ∈ Π≠
k i
Σk e fi(σh, σ-i) > fi(σk, σ-i) per almeno una (n-1)-upla di strategie σ-i.
Teorema
Se una strategia è dominata, esiste una strategia mista ottimale che non utilizza la strategia
dominata; inoltre una strategia mista ottimale per il gioco ridotto è ottimale anche per il gioco dato.
Osservazioni
• A volte si distingue tra dominanza debole, quella definita in precedenza, e forte, quando si
hanno tutte disuguaglianze strette. Ai fini dell’applicazione del teorema di riduzione del gioco
Dispense di Teoria dei Giochi
- 12 -
la distinzione è irrilevante; tale riduzione è possibile anche nel caso in cui si abbiano tutte
uguaglianze (indifferenza); se si applicano eliminazioni per dominanza debole o indifferenza
si può perdere qualche equilibrio di Nash. Questo fatto è irrilevante se si vuol determinare se
esistono equilibri di Nash, o almeno un equilibio di Nash.
• Il concetto di dominanza può essere applicato anche al gioco ridotto, indipendentemente dalle
caratteristiche del gioco dato (dominanza iterata).
Dispense di Teoria dei Giochi
- 13 -
CAPITOLO III
GIOCHI COOPERATIVI
III.1 INTRODUZIONE
I giocatori di un gioco non devono necessariamente avere interessi contrastanti, ma possono
perseguire un fine comune, almeno per la durata del gioco, pertanto è possibile che alcuni di essi
tendano ad associarsi per migliorare il proprio risultato.
Per realizzare la cooperazione deve essere possibile innanzitutto comunicare e quindi stipulare
accordi (vedi ad esempio regole antitrust) e deve esserci la possibilità di far rispettare tali accordi,
nel senso che deve esistere una autorità sufficientemente forte e accettata da tutti i componenti.
Una ulteriore suddivisione dei giochi cooperativi fa riferimento a come i giocatori di una coalizione
possono ripartirsi la vincita.
Si distinguono due sottoclassi:
Giochi cooperativi senza pagamenti laterali (NTU - Games)
I giocatori ricevono un payoff preassegnato.
Giochi cooperativi a pagamenti laterali (TU - Games)
I giocatori di una coalizione possono ripartirsi in qualsiasi modo la vincita.
I secondi costituiscono un caso particolare dei primi.
In particolare per avere un gioco TU devono essere soddisfatte tre ipotesi:
• deve essere possibile (da un punto di vista normativo) trasferire l’utilità tra i giocatori;
• deve esistere un mezzo comune di scambio, ad esempio il denaro, con cui trasferire (da un
punto di vista materiale) l’utilità;
• le funzioni di utilità dei giocatori devono essere equivalenti, ad esempio funzioni lineari della
quantità di denaro.
Esempio - Coalizione semplice
Sono dati tre giocatori I, II, III; se due di loro si accordano, formando una coalizione, il terzo
giocatore da ad ognuno di essi una unità, altrimenti nessuno riceve nulla. I payoff sono:
(1, 1, -2) se I e II si coalizzano
(1, -2, 1) se I e III si coalizzano
(-2, 1, 1) se II e III si coalizzano
(0, 0, 0) altrimenti
Se i payoff relativi alla coalizione (II, III) fossero (-2.0, 1.1, 0.9) la posizione del giocatore II non si
Dispense di Teoria dei Giochi
- 14 -
rafforza in quanto il giocatore III ha più interesse a coalizzarsi con I che con II; questa situazione
non sussiste nel caso in cui sia possibile per II “trasferire” parte della propria vincita al giocatore
III, ritornando alla situazione precedente. ◊
Definizione
Un gioco NTU è una coppia G = (N, V) dove N è l’insieme dei giocatori e V è la funzione che ad
ogni coalizione S ⊂ N associa l’insieme dei payoff ammissibili per i giocatori di S, tale che:
• V(S) ⊂ RS
• V(S) è chiuso e non vuoto
• V(S) = V(S) - S
R≥ (Comprensiveness)
III.2 PROBLEMA DI CONTRATTAZIONE A DUE GIOCATORI SENZA PAGAMENTI
LATERALI
Un’applicazione interessante dei giochi cooperativi senza pagamenti
laterali è data dal problema di contrattazione a due giocatori senza
pagamenti laterali (Nash, 1950). Se è giocato cooperativamente i
giocatori possono accordarsi per una strategia correlata e possono
giocare qualunque elemento dello spazio delle strategie X × Y.
Sotto opportune ipotesi di compattezza dell’insieme delle strategie
possibili (ad esempio un simplesso) e di comportamento delle funzioni di utilità (ad esempio
lineari) si ha che l’immagine nello spazio delle utilità I × II è un insieme V convesso e chiuso.
Al giocatore i si assegna un valore di riferimento di, ad esempio la soluzione non cooperativa di
minimax e si definisce il punto d = (d1, d2), quindi si considera il sottoinsieme indicato con
F = V ∩ {(x1, x2) | x1 ≥ d1, x2 ≥ d2} chiuso, convesso, limitato e non vuoto, che costituisce l’insieme
dei payoff che i giocatori possono raggiungere contrattando.
Definizione
Un problema di contrattazione a due giocatori è rappresentato dalla coppia (F, d) con F ⊂ R2
chiuso, convesso, limitato e non vuoto (feasibility set), d = (d1, d2) ∈ R2 (disagreement point).
I giocatori sono antagonisti, cioè ad un incremento del payoff per uno corrisponde una diminuzione
per l’altro, come si osserva facilmente restringendosi alla frontiera di Pareto (giocatori efficientisti).
Questo problema può essere visto come gioco NTU dove:
• V(1) = {x1 ∈ R | x1 ≤ d1}
• V(2) = {x2 ∈ R | x2 ≤ d2}
d2
II
I
F
d1
d
Dispense di Teoria dei Giochi
- 15 -
• V(1, 2) = F - R
2≥
Soluzione assiomatica di Nash (1950)
La soluzione di Nash Φ(F, d) di un problema di contrattazione a due giocatori (F, d) ∈ C, insieme
dei problemi di contrattazione, si determina come funzione Φ : C → R2 tale che Φ(F, d) ∈ F,
imponendo sull’insieme C e su Φ i seguenti requisiti detti assiomi di Nash:
1) Efficienza stretta
La soluzione appartiene alla frontiera paretiana in senso stretto, cioè
non può stare su un punto della frontiera migliorabile per un giocatore.
2) Razionalità individuale
Φ(F, d) ≥ d
con la relazione d’ordine di R2.
3) Scale covariance
La covarianza è invariante per
cambiamenti di scala, cioè si ottiene
lo stesso problema di contrattazione
operando un cambiamento per traslazione o per proporzionalità.
4) Simmetria
Se F è simmetrico per i due giocatori, cioè entrambi possono
ottenere gli stessi payoff e d1 = d2 allora si ha:
ΦI(F, d) = ΦII(F, d).
5) Indipendenza dalle alternative irrilevanti
Assioma controverso. Se si elimina un sottoinsieme di F non
contenente Φ(F, d) la soluzione resta invariata.
Nell’esempio in figura il giocatore I può oppure può non
ridiscutere la scelta.
Teorema
Esiste un’unica funzione Φ: C → R2 che soddisfa gli assiomi di
Nash, quella che massimizza il prodotto di Nash:
Φ(F, d) = argmax {(x1 - d1)(x2 - d2) | x ∈ F} = NS
Osservazione
• Nella trattazione precedente sono state fatte alcune ipotesi non necessariamente verificate:
a) non è detto che il punto d influenzi nel modo esposto la soluzione;
II
I
F
d
Φ(F,d)
II
I
F
II
I
d
F
Φ(F, d)


d’
F’
Φ(F’, d’)


II
I
d
F
Φ(F, d)


II
I
d
F
Φ(F, • , d)

Dispense di Teoria dei Giochi
- 16 -
b) i decisori possono non uniformarsi al modello di von Neumann - Morgenstern.
Ne consegue che dati due problemi di contrattazione a due giocatori identici si può pervenire
a risultati diversi (ad esempio un decisore potrebbe essere più rigido in un caso che nell’altro).
Il problema di contrattazione è alla base di numerosi concetti di soluzione tra i quali l’insieme di
contrattazione (Bargaining set) di Aumann e Maschler (1964), il Kernel introdotto da Davis e
Maschler (1965) e il nucleolo dovuto a Schmeidler (1969).
Data l’importanza del problema di contrattazione sono state proposte altre soluzioni, tra cui:
Soluzione di Kalai-Smorodinsky (1975)
KS = argmax
  
  



=


F
d
d
d
d x
a
x
a
x
2 2
2 2
1 1
1 1
dove ai = max {xi | x ∈ F}
Soluzione Egualitaria
ES = argmax {x1 - d1 = x2 - d2 | x ∈ F}
Soluzione delle Aree uguali
AS t.c. A({ } { }) 1 S 1
d + R≥2 ∩ x ∈ F x ≥ (A ) = A ({ } { }) 2 S 2
d + R≥2 ∩ x ∈ F x ≥ (A )
Soluzione Dittatoriale
iS
D = argmax {xi | x ∈ F, xj = dj, j ≠ i}
Soluzione Utilitaria
US = argmax {x1 + x2 | x ∈ F}
La figura seguente rappresenta le differenti soluzioni proposte.
d = 0
NS
a
ES
US
D2S
D1S
AS
F
KS
III.2 GIOCHI DI MERCATO
Un altro interessante esempio di gioco NTU è dato dai giochi di mercato, introdotti da Edgeworth
Dispense di Teoria dei Giochi
- 17 -
(1881) e rielaborati da Shubik (1959).
Economia di puro scambio
Sia N l’insieme degli agenti (giocatori); ogni agente i ∈ N ha una “dotazione iniziale”, cioè un
paniere di beni wi ∈ l
R≥ dove l è il numero di beni considerati, e una relazione di preferenza ⊇i
definita su l
R≥ ; a partire dalla relazione di preferenza si può definire per ogni giocatore i una
opportuna funzione di utilità ui : l
R≥ → R che assegna un valore ai beni del giocatore i.
Gli agenti possono adottare una ridistribuzione (xi)i∈N ∈ l
R≥ del complesso delle dotazioni iniziali,
in modo che Σ
∈N i
i x = Σ
∈N i
wi .
Questa è una versione semplificata del modello di Walras di equilibrio economico generale, senza
la produzione e i prezzi di equilibrio.
Ad un’economia di puro scambio si può associare un gioco NTU G = (N, V) dove:
• N è l’insieme degli agenti.
• V(S) =

 

 
∃ ∈ = ∈ Σ = Σ =
∈ ∈
∈ ∈ ≥
i S
i i i i
i S
(zi )i S (xi )i N , xi Rl con x j w j se j N \ S, xi w , z u (x )
V(S) esprime la possibilità dei giocatori di S di ridistribuire tra di loro solo le proprie dotazioni
iniziali.
Si cercano le ridistribuzioni x per cui non esiste alcuna coalizione S che possa ridistribuire le
proprie dotazioni iniziali in modo che ogni giocatore di S preferisca la nuova distribuzione rispetto
a x , cioè:
∀ S e ∀ y ∈ V(S) t.c. ui(yi) > ui( x i) ∀ i ∈ S
oppure:
yi ⊇i x i ∀ i ∈ S
con Σ
∈N i
i y = Σ
∈N i
wi .
Osservazione
• Le ridistribuzioni x precedenti costituiscono il nucleo del gioco in quanto non possono essere
migliorate da un giocatore senza danneggiare qualche altro giocatore.
III.4 GIOCHI COOPERATIVI A PAGAMENTI LATERALI
In questi giochi introdotti da Von Neumann e Morgenstern (1944) i giocatori possono stipulare
accordi vincolanti e possono ripartirsi la vincita con un accordo al di fuori delle regole del gioco, la
cui validità può estendersi anche oltre la fine del gioco.
Dispense di Teoria dei Giochi
- 18 -
Il problema può essere come trasferire la vincita o utilità poichè i giocatori possono avere differenti
funzioni di utilità.
Definizione
Un gioco TU è una coppia G = (N, v) dove N è l’insieme dei giocatori e v è la funzione
caratteristica, con v(Ø) = 0.
Se i valori della funzione v sono negativi si ha un gioco di costi (N, c) in cui si pone c = -v, in modo
da operare con quantità non negative.
Esempio - Gioco dei guanti
Due insiemi di giocatori, L ed R, possiedono dei guanti; i giocatori di L possiedono solo guanti
sinistri mentre i giocatori di R possiedono solo guanti destri. Il valore di una coalizione di giocatori
è data dal numero di paia di guanti che riescono a formare. In generale ogni giocatore possiede un
solo guanto. Nel caso in cui i giocatori di L siano 1 e 2 e i giocatori di R siano 3 e 4 si ha il seguente
gioco:
N = {1, 2, 3, 4}
v(i) = 0 ∀ i
v(12) = v(34) = 0
v(S) = 1 se |S| = 2 e S ≠ {12}, S ≠ {34} oppure se |S| = 3
v(N) = 2 ◊
Definizione
Un gioco G = (N, v) si dice coesivo se per ogni partizione di N {S1, S2, …, Sk} si ha:
Σ
i=1,...,k
v(Si ) ≤ v(N)
Questa condizione, più debole della superadditività, esprime la “convenienza” dei giocatori a
formare la grande coalizione, piuttosto che riunirsi in sottocoalizioni. L’importanza deriva dal fatto
che in generale i concetti di soluzione più comuni costituiscono una ripartizione del valore della
grande coalizione.
III.5 SOLUZIONI DI UN GIOCO COOPERATIVO A PAGAMENTI LATERALI
In questo caso risulta predominante il problema della suddivisione della vincita. Esistono due tipi di
soluzioni quelle insiemistiche, che assegnano più ripartizioni, e quelle puntuali, che determinano
una sola ripartizione e costituiscono l’attuale tendenza in quanto più simili all’idea classica di
soluzione di un problema.
Dispense di Teoria dei Giochi
- 19 -
Imputazioni
Un’idea per determinare le singole vincite può essere risolvere un sottogioco ristretto ai giocatori di
ciascuna coalizione, oppure suddividere in parti uguali la vincita, trascurando il contributo dei
singoli giocatori; esistono però altri metodi più complessi che meglio tengono conto del ruolo
svolto da ciascun giocatore e che definiscono altri concetti di soluzione.
Definizione
Dato un gioco G = (N, v) si dice imputazione o ripartizione del valore del gioco o soluzione del
gioco un vettore x = (x1, x2, …, xn) tale che:
Σ∈i
N
xi = v(N) ipotesi di efficienza
xi ≥ v(i) i = 1, …, n ipotesi di forza dei giocatori o razionalità individuale
Nel caso di un cost game la razionalità individuale richiede xi ≤ c(i).
L’insieme di tutte le imputazioni si indica con E(v).
Definizione
Se per un gioco G = (N, v) si ha:
Σ ∈
N
i
v(i) = v(N)
allora E(v) ha come unico elemento x = (v(1), v(2), …, v(n)); in questo caso il gioco è detto
inessenziale e essenziale altrimenti.
Per la seconda condizione una imputazione deve assegnare ad ogni giocatore almeno quanto egli
può ottenere da solo. Pertanto le imputazioni costituiscono un primo passo verso la determinazione
della ripartizione delle vincite e ogni concetto di soluzione dovrà soddisfare questa condizione, cioè
dovrà essere una imputazione. D’altra parte se il gioco è essenziale esistono più imputazioni
possibili e si ripropone il problema di scegliere la “soluzione”. Infatti poichè la somma degli
elementi delle imputazioni è costante se due imputazioni x e y sono distinte esiste almeno un
giocatore k per cui xk > yk e almeno un giocatore h per cui xh < yh.
Definizioni
# Date x, y ∈ E(v) e una coalizione S si dice che x domina y mediante S, x f S y, se:
1) xi > yi ∀ i ∈ S
2) x(S) ≤ v(S)
# Date x, y ∈ E(v) si dice che x domina y, x f y, se esiste S tale che x f S y.
La dominanza non è riflessiva, nè antisimmetrica, nè transitiva, poichè può cambiare S.
Dispense di Teoria dei Giochi
- 20 -
Esempio - Non antisimmetria
Sia dato il seguente gioco:
N = {1, 2, 3, 4}
v(i) = 0 ∀ i
v(i, j) = v(i, j, k) = v(N) = 1 ∀ i, j, k
Date le seguenti imputazioni x = (1/2, 1/2, 0 ,0) e y = (0 ,0, 1/2, 1/2) si ha:
x f {1, 2} y e y f {3, 4} x. ◊
III.6 INSIEMI STABILI
Questo concetto di soluzione è stato proposto da Von Neumann - Morgenstern (1944) come la
“soluzione” dei giochi TU e privilegia alcune imputazioni rispetto ad altre.
Definizione
Un insieme V ⊂ E(v) si dice stabile se:
1) dati x, y ∈ V si ha che x non domina y e viceversa stabilità interna
2) dato x ∉ V, ∀ y ∈ V per il quale si ha y f x stabilità esterna
Un insieme stabile contiene la soluzione ma la decisione dipende da altre informazioni non espresse
dalla forma caratteristica. Un gioco può avere più insiemi stabili. Nel 1968 Lucas ha dato un
esempio di gioco senza insiemi stabili, indebolendo questo concetto di soluzione.
III.7 NUCLEO
Probabilmente il concetto di soluzione insiemistico più interessante per numerose classi di giochi è
il nucleo; è stato introdotto da Gillies (1953). L’idea di base è quella di considerare il
comportamento delle imputazioni rispetto alle coalizioni, richiedendo:
x(S) ≥ v(S) S ⊂ N ipotesi di razionalità della coalizione
dove x(S) = Σ
∈S i
xi .
Nel caso di un cost game c la razionalità della coalizione richiede x(S) ≤ c(S).
Definizione
Si dice nucleo di un gioco, o core, l’insieme C(v) = { x ∈ E(v) | x(S) ≥ v(S), S ⊂ N }.
Proprietà
• Le imputazioni non dominate costituiscono il nucleo del gioco.
• Il nucleo può essere vuoto come nel gioco di maggioranza semplice e in generale nei giochi
essenziali a somma costante.
Dispense di Teoria dei Giochi
- 21 -
Esempio - Produzione (Owen, 1975)
Sia dato il problema di produzione:
max cTz
s.t. Az ≤ b
z ≥ 0
e il corrispondente problema duale:
min bTu
s.t. ATu ≥ c
u ≥ 0
Ad esso associamo un gioco ad N giocatori, ciascuno dei quali possiede un vettore di risorse bi,
definito in forma caratteristica come:
v(S) = max { cTz | Az ≤ bS, z ≥ 0 } ∀ S ⊂ N
dove bS rappresenta il vettore delle risorse possedute dai giocatori della coalizione S; ovviamente
bN = b.
Una imputazione x nel nucleo è ottenibile tramite una soluzione u* del problema duale relativo alla
grande coalizione N ponendo:
xi = biTu* ◊
Osservazione
• Il risultato precedente può essere esteso a tutti i giochi originati da un problema lineare
(Teorema di Owen, 1975).
Bilanciamento
E’ interessante poter stabilire se un gioco ha nucleo vuoto o meno, in quanto ciò fornisce
indicazioni sulla stabilità della grande coalizione. Si noti che la coesività o la superadditività non
danno informazioni; ad esempio il gioco di maggioranza semplice ha nucleo vuoto ma è
superadditivo e quindi anche coesivo.
Dalla definizione si ricava che le imputazioni del nucleo possono essere caratterizzate come le
soluzioni del problema lineare:
min z = Σ
i∈N
xi
s.t. Σ
∈S i
xi ≥ v(S) ∀ S ⊂ N
per le quali z* = v(N).
Il duale del problema precedente si può scrivere come:
Dispense di Teoria dei Giochi
- 22 -
max w = Σ⊂
S N
ySv(S)
s.t. Σ
∈S i | S
yS = 1 ∀ i ∈ N
yS ≥ 0 ∀ S ⊂ N
Questo permette di stabilire il seguente teorema.
Teorema
Un gioco v ha nucleo non vuoto se e solo se esiste una soluzione del problema primale con
z* = v(N) o equivalentemente (per il primo teorema della dualità) esiste una soluzione del problema
duale con w* = v(N).
Purtroppo l’utilità di questo teorema è molto limitata in quanto la difficoltà di verificare una delle
tre condizioni è equivalente. Si può fare un passo avanti introducendo le collezioni bilanciate.
Definizioni
# Una collezione B = {S1, S2, …, Sm} di sottoinsiemi di N è detta bilanciata se esistono m
numeri non negativi y1, y2, …, ym detti coefficienti di bilanciamento, tali che:
Σ ∈
S
i
|
S
yS = 1 ∀ i ∈ N
# Una collezione bilanciata è detta minimale se nessuna sottocollezione è bilanciata.
Proprietà
• Ogni collezione bilanciata è unione di collezioni bilanciate minimali.
• Una collezione bilanciata è minimale se e solo se i coefficienti di bilanciamento sono unici.
• Le collezioni bilanciate non dipendono dal gioco, ma solo da N.
Esempi
1) Ogni partizione di N è una collezione bilanciata, con coefficienti unitari.
2) Sia N = {1, 2, 3}; B = {{1, 2}, {1, 3}, {2, 3}} è una collezione bilanciata con coefficienti
(1/2, 1/2, 1/2). In generale per ogni N la collezione di 


 
s n
sottoinsiemi distinti di s elementi è
bilanciata con coefficienti
1
s -1
n -1 −
 
 
. ◊
A questo punto si può migliorare la caratterizzazione dei giochi a nucleo non vuoto.
Teorema (Bondareva, 1963 - Shapley, 1967)
Un gioco G = (N, v) ha nucleo non vuoto se e solo se per ogni collezione bilanciata minimale
Dispense di Teoria dei Giochi
- 23 -
B = {S1, S2, …, Sm} con coefficienti di bilanciamento y1, y2, …, ym , si ha:
Σ
j=1,...,m
y jv(Sj ) ≤ v(N)
Osservazioni
• Per un gioco superadditivo il teorema di Bondareva-Shapley è vero per le partizioni di N,
quindi è sufficiente verificarlo per le altre collezioni bilanciate minimali.
• Il teorema è particolarmente utile per dimostrare che un gioco ha nucleo vuoto in quanto è
sufficiente trovare una collezione bilanciata che non verifica la condizione.
• Un gioco a nucleo non vuoto viene anche detto bilanciato.
Esempi
1) Un gioco a tre giocatori superadditivo è bilanciato se e solo se:
v(12) + v(13) + v(23) ≤ 2 v(123)
poichè B = {{1, 2}, {1, 3}, {2, 3}} è l’unica collezione bilanciata minimale con coefficienti
(1/2, 1/2, 1/2).
2) Sia dato il gioco:
N = {1, 2, 3, 4}
v(1) = v(2) = v(3) = v(4) = v(14) = v(24) = 0; v(23) = v(34) = 2;
v(12) = v(13) = v(123) =3; v(124) = 4; v(134) = v(234) = 5 = v(N) = 6
Il gioco non è bilanciato in quanto B = {{1, 2}, {1, 3, 4}, {2, 3, 4}} è una collezione
bilanciata con coefficienti (1/2, 1/2, 1/2) per la quale si ha:
1/2 v(12) + 1/2 v(134) + 1/2 v(234) = 13/2 ≥ 6 = v(N) ◊
III.8 VALORI E INDICI DI POTERE
E’ una classe concetti di soluzioni così chiamate perchè legate al contributo che i singoli giocatori
danno alle coalizioni e quindi atte a identificare il “valore” o il “potere” di ciascun giocatore
all’interno delle coalizioni stesse. Sono soluzioni di tipo puntuale. Il termine “indice di potere” si
usa per i giochi semplici, mentre per un gioco qualsiasi si preferisce il termine “valore”.
Valore di Shapley (1953)
E’ il più noto e usato tra i valori e si basa sul valore che ogni giocatore è in grado di aggiungere alle
possibili coalizioni, cioè sul suo contributo marginale.
Definizione
Si chiama valore di Shapley il vettore ϕ(v) la cui componente ϕi è il contributo marginale medio del
Dispense di Teoria dei Giochi
- 24 -
giocatore i rispetto alle possibili permutazioni dei giocatori, cioè:
ϕi(v) = Σ[ ∪ − ]
π
v(Ci,π i) v(Ci,π )
n!
1
dove n = |N|, π è una permutazione di N e Ci,π è l’insieme dei giocatori che precedono i nella
permutazione π.
Il valore di Shapley per un gioco cooperativo esiste ed è unico.
Se il gioco è superadditivo (subadditivo per un cost game) il valore di Shapley è un’imputazione in
quanto verifica:
Σ∈
ϕ
i N
i (v) = v(N)
ϕi(v) ≥ v(i) ∀ i
ma non è necessariamente un elemento del nucleo, visto che questo può essere vuoto.
Esempio - Maggioranza semplice
Sia dato il gioco G = (N, v):
N = {1, 2, 3}
v(1) = v(2) = v(3) = 0 ; v(12) = v(13) = v(23) = v(N) = 1
In questo caso per il giocatore 1 le permutazioni e il contributo marginale sono:
Permutazioni
Contributi marginali
in generale
Contributi marginali
per il gioco di
maggioranza semplice
1 2 3 v(1) - v(Ø) 0
1 3 2 v(1) - v(Ø) 0
2 1 3 v(12) - v(2) 1
2 3 1 v(123) - v(23) 0
3 1 2 v(13) - v(3) 1
3 2 1 v(123) - v(23) 0
Pertanto si ottiene ϕ1(v) = 1/3 e per simmetria si ha:
ϕ(v) = (1/3, 1/3, 1/3) ◊
Assiomi di Shapley
Il valore di Shapley può essere definito anche in maniera assiomatica come l’unico vettore
efficiente ϕ che soddisfa i seguenti assiomi:
1) Anonimato (o simmetria)
Dato un gioco v e una permutazione dei giocatori π sia u il gioco definito da:
u(π(S)) = v(S) ∀ S
Il valore di Shapley del gioco ottenuto permutando i giocatori è dato dalla permutazione
Dispense di Teoria dei Giochi
- 25 -
dei valori di Shapley, cioè:
ϕπ(i)(u) = ϕi(v).
Esempio
Siano dati i giochi a due giocatori:
v(1) = 1 ; v(2) = 3 ; v(12) = 8
u(1) = 3 ; u(2) = 1 ; u(12) = 8
ϕ1(u) = ϕ2(v) = 5; ϕ2(u) = ϕ1(v) = 3 ◊
2) Dummy player
Sia i un giocatore che ad ogni coalizione aggiunge solo il suo valore v(i), cioè:
v(S ∪ i) = v(S) + v(i) ∀ S, i ∉ S
Il valore di Shapley del giocatore i è il suo valore, cioè:
ϕi(v) = v(i).
Esempio
Sia dato il gioco:
N = {1, 2, 3}
v(1) = v(2) = v(3) = 1 ; v(12) = v(13) = 2 ; v(23) = 4 ; v(N) = 5
ϕ(v) = (1, 2, 2) ◊
3) Additività o indipendenza (assioma controverso)
Dati due giochi u e v, sia (u + v) il gioco somma definito da:
(u + v)(S) = u(S) + v(S) ∀ S
Il valore di Shapley del gioco somma è dato dalla somma dei valori di Shapley, cioè:
ϕi(u + v) = ϕi(u) + ϕi(v).
Calcolo del valore di Shapley
Il valore di Shapley risulta molto complesso da calcolare.
Applicando la definizione è necessario determinare i contributi marginali dei giocatori in tutte le
possibili coalizioni ordinate, che sono n! nel caso di un gioco ad n giocatori; nel caso di 10 giocatori
è necessario considerare per ogni giocatore10! = 3.628.800 permutazioni.
Una piccola semplificazione si può ottenere considerando tutte le possibili coalizioni non vuote, che
sono 2n - 1 nel caso di un gioco ad n giocatori, e per ciascuna considerare tutti i giocatori che ne
fanno parte e considerare ciascun giocatore come l’ultimo arrivato e quindi “pesare” il suo
contributo marginale con le permutazioni degli altri giocatori della coalizione e dei giocatori non
Dispense di Teoria dei Giochi
- 26 -
facenti parte della coalizione; in questo modo si ottiene la seguente espressione per il valore di
Shapley:
ϕi(v) = Σ
⊆ ∈
− −
S N, i S
(s 1)!(n s)![ (S) - (S \ i)]
n!
1 v v
Nel caso di 10 giocatori è necessario considerare 210 - 1 = 1.023 coalizioni.
Per alcuni giochi è possibile determinare il valore di Shapley molto più semplicemente sfruttando
alcune caratteristiche del gioco.
Esempio - Gioco dell’aeroporto (Airport game, 1973)
Sia dato un aeroporto in cui atterrano differenti tipi di aereo che richiedono una pista di lunghezza
differente a seconda delle loro caratteristiche; si vuole determinare come ripartire il costo di
costruzione e manutenzione della pista tra gli aerei che la utilizzano.
C1 C2 Ct -1 Ct
Gli aerei possono essere raggruppati a seconda della lunghezza di pista necessaria in t sottoinsiemi
disgiunti N1, …, Nt in modo che gli aerei del sottoinsieme Ni richiedono una pista di costo Ci con
Ci < Ci+1.
Definendo il gioco assegnando ad ogni coalizione il costo della pista necessaria all’aereo più grosso
della coalizione, cioè:
v(S) = Cj(S)
dove j(S) = max {i | S ∩ Ni ≠ Ø}
si può dimostrare che il valore di Shapley di ogni aereo corrisponde alla ripartizione dei costi
ottenuta nel seguente modo:
Il costo del primo tratto di pista C1 è diviso tra tutti gli aerei, poichè tutti lo utilizzano; il costo
del secondo tratto di pista C2 - C1 è diviso tra gli aerei dei sottoinsiemi N2, …, Nt che sono
quelli che lo utilizzano; si prosegue fino al costo dell’ultimo tratto di pista Ct - Ct-1 che è
diviso tra gli aerei del sottoinsieme Nt che sono gli unici che lo utilizzano.
E’ facile vedere che questo criterio è facilmente applicabile anche nel caso di molti aerei.
Sia dato il caso seguente:
N1 = {1, 2, 3}; N2 = {4, 5, 6, 7}; N3 = {8, 9, 10}
C1 = 20; C2 = 27; C3 = 33
Dispense di Teoria dei Giochi
- 27 -
ϕ1 =
10
20 = 2
ϕ2 =
10
20 +
7
27 − 20
= 3
ϕ3 =
10
20 +
7
27 − 20
+
3
33 − 27
= 5
La dimostrazione utilizza gli assiomi di Shapley.
Si definiscono t giochi v1, …, vt con il gioco vi relativo al tratto di pista i in cui si ha:
vi(S) =
  
>
− − ≤
0 se i j(S)
Ci Ci 1 se i j(S)
dove C0 = 0
A questo punto si osserva che:
1) gli aerei dei sottoinsiemi N1, …, Ni-1 che non utilizzano il tratto di pista i sono dummy per il
gioco vi, per cui il loro valore di Shapley per questo gioco è nullo;
2) gli aerei dei sottoinsiemi Ni, …, Nt che utilizzano il tratto di pista i sono simmetrici per il
gioco vi, per cui il loro valore di Shapley per questo gioco è uguale a
i t
i i 1
N N
C C
∪ ∪
− −
L
;
3) il gioco v è dato dalla somma dei giochi vi, per cui il valore di Shapley di v è dato dalla
somma dei valori di Shapley dei giochi vi. ◊
Indice di Banzhaf-Coleman (1965, 1971)
E’ il più noto tra gli indici di potere, anch’esso basato sul concetto di contributo marginale.
Definizioni
# Si chiama gioco semplice (0, 1) un gioco G = (N, v) in cui il valore delle coalizioni può essere
solo 0 o 1 e v(N) = 1. Nel primo caso la coalizione è detta perdente, nel secondo è detta
vincente.
# Un gioco G = (N, v) si dice monotono se S ⊂ T ⇒ v(S) ≤v(T).
# Si chiama indice di Banzhaf-Coleman il vettore ψ(v) la cui componente ψi è il contributo
marginale medio del giocatore i rispetto alle possibili coalizioni a cui appartiene, cioè:
ψi(v) = Σ
S⊆N, i∈S
n-1
[ (S) - (S \ i)]
2
1 v v
Questo indice non è un’imputazione poichè non è efficiente.
Indice di Banzhaf-Coleman normalizzato
Definizioni
# Si chiama gioco semplice (0, 1) un gioco G = (N, v) in cui il valore delle coalizioni può essere
Dispense di Teoria dei Giochi
- 28 -
solo 0 o 1 e v(N) = 1. Nel primo caso la coalizione è detta perdente, nel secondo è detta
vincente.
# Un gioco G = (N, v) si dice monotono se S ⊂ T ⇒ v(S) ≤v(T).
# Si chiama contributo vincente del giocatore i per un gioco semplice monotono v, il numero di
casi in cui la sua presenza rende vincente una coalizione, cioè:
ϑi(v) = Σ
S⊆N, i∈S
v(S) - v(S \ i)
Definizione
Si chiama indice di Banzhaf-Coleman normalizzato per un gioco semplice monotono v, il vettore
β(v) la cui componente βi è il rapporto tra il contributo vincente del giocatore i e la somma dei
contributi vincenti di tutti i giocatori, cioè:
βi(v) = Σ∈
ϑ
ϑ
i N
i
i
( )
( )
v
v
L’indice di Banzhaf-Coleman normalizzato è un’imputazione.
Esempi
1) Sia dato il seguente gioco:
N = {1, 2, 3}
v(1) = v(2) = v(3) = v(12) = v(13) = 0 ; v(23) = v(N) = 1
In questo caso si ha:
ϕ = (0, 1/2, 1/2) ψ = (0, 1/2, 1/2) β = (0, 1/2, 1/2)
cioè gli indici coincidono.
2) Sia dato il seguente gioco:
N = {1, 2, 3}
v(1) = v(2) = v(3) = 0 ; v(12) = v(13) = v(23) = v(N) = 1
In questo caso si ha:
ϕ = (1/3, 1/3, 1/3) ψ = (1/2, 1/2, 1/2) β = (1/3, 1/3, 1/3)
cioè gli indici ϕ eβ coincidono e sono minori dell’indice ψ.
3) Sia dato il seguente gioco:
N = {1, 2, 3}
v(1) = v(2) = v(3) = v(12) = v(13) = v(23) = 0 ; v(N) = 1
In questo caso si ha:
ϕ = (1/3, 1/3, 1/3) ψ = (1/4, 1/4, 1/4) β = (1/3, 1/3, 1/3)
cioè gli indici ϕ eβ coincidono e sono maggiori dell’indice ψ.
Dispense di Teoria dei Giochi
- 29 -
4) Sia dato il seguente gioco:
N = {1, 2, 3}
v(1) = v(2) = v(3) = v(12) = 0 ; v(13) = v(23) = v(N) = 1
In questo caso si ha:
ϕ = (1/6, 1/6, 4/6) ψ = (1/4, 1/4, 3/4) β = (1/5, 1/5, 3/5)
cioè non esiste nessuna relazione tra gli indici. ◊
III.9 NUCLEOLO
Un altro concetto di soluzione puntuale è il nucleolo di Schmeidler (1969), che si basa sull’idea di
minimizzare il massimo “malcontento”.
Definizione
Dato un gioco v, sia S una coalizione e x una possibile ripartizione del valore del gioco; si dice
rimpianto o eccesso di S rispetto ad x la quantità:
e(S, x) = v(S) - x(S)
Nel caso di un cost game il rimpianto è x(S) - c(S).
Osservazione
• Nella definizione precedente x è una ripartizione del valore del gioco in quanto deve
soddisfare solo l’ipotesi di efficienza; in questo caso talvolta si usano i termini
preimputazione e prenucleolo per indicare che non si tiene conto della razionalità individuale.
E’ allora possibile definire un vettore ϑ(x) ∈ R2n nel seguente modo:
ϑ1(x) = max {e(S, x) | S ⊂ N} = e(S1, x)
ϑi(x) = max {e(S, x) | S ⊂ N, S ≠ Sj, j = 1, …, i - 1} = e(Si, x) i = 2, …, 2n
Le componenti di ϑ(x) sono i rimpianti generati da x al variare di S, in ordine non crescente.
Esempio
Sia dato il seguente gioco:
N = {1, 2, 3}
v(1) = v(2) = v(3) = 0 ; v(12) = 2 ; v(13) = v(23) = 3 ; v(N) = 5
Data la ripartizione x = (3, 1, 1) si ha:
e(1, x) = -3; e(2, x) = -1; e(3, x) = -1; e(12, x) = -2; e(13, x) = -1; e(23, x) = 1; e(N, x) = 0
e quindi ϑ(x) = (1, 0, -1, -1, -1, -2, -3) ◊
Definizione
Dato un gioco v si dice nucleolo del gioco il vettore ν(X) che costituisce il minimo, secondo
Dispense di Teoria dei Giochi
- 30 -
l’ordine lessicografico, dei vettori ϑ(x) al variare di x nell’insieme X delle possibili ripartizioni.
Osservazione
• Il nucleolo è un elemento del nucleo se questo è non vuoto, per cui costituisce un concetto di
soluzione per i giochi a nucleo vuoto, ma è anche una soluzione del problema di “scegliere”
un elemento del nucleo.
Proprietà
• Se X è non vuoto, compatto e convesso allora ν(X) esiste ed è unico.
Calcolo del nucleolo
Anche questo concetto di soluzione non è facilmente calcolabile.
Un modo relativamente semplice è dato dal seguente algoritmo.
Algoritmo di Kopelowitz (1967)
L’idea fondamentale su cui si basa questo algoritmo è che il massimo rimpianto delle coalizioni può
essere rappresentato da una variabile α, per cui si ha:
v(S) - x(S) ≤ α S ⊂ N
Poichè il nucleolo minimizza il massimo rimpianto è sufficiente cercare il minimo di α.
La grande coalizione viene esclusa poichè il suo rimpianto è sempre nullo; la variabile α non è
vincolata in segno in quanto il massimo rimpianto può essere sia positivo che negativo.
Si ottiene quindi il seguente problema di programmazione lineare:
min α
s.t. Σ
i∈N
xi = v(N)
Σ ∈
S
i
xi + α ≥ v(S) S ⊂ N
Non è sufficente risolvere il problema precedente in quanto la soluzione potrebbe non essere unica.
Per avere l’unicità è necessario iterare l’algoritmo, conservando il massimo rimpianto ottenuto. Per
fare questo si considera l’insieme S0 delle coalizioni leganti, cioè quelle per cui il rimpianto è
uguale al valore α0 ottenuto; la nuova ripartizione deve minimizzare il massimo rimpianto per le
altre coalizioni, ma non deve incrementare il rimpianto per le coalizioni di S0.
A tal fine è sufficiente riscrivere i vincoli corrispondenti nella forma:
Σ ∈
S
i
xi = v(S) - α0 S ∈ S0
Il nuovo problema fornisce un nuovo valore α1 e un nuovo insieme S1 di coalizioni leganti; nel caso
in cui la soluzione non sia unica è sufficiente riscrivere i vincoli corrispondenti nella forma:
Dispense di Teoria dei Giochi
- 31 -
Σ∈i
S
xi = v(S) - α1 S ∈ S1
Dopo al più n iterazioni la soluzione è unica e costituisce il nucleolo del gioco.
Esempio
Sia dato il seguente gioco:
N = {1, 2, 3}
v(1) = v(2) = v(3) = 0 ; v(12) = 2 ; v(13) = 3 ; v(23) = 5 ; v(N) = 6
La soluzione è x = (1/2, 5/2, 3) con α0 = - 1/2e S0 = {{1}, {2, 3}}; poichè la soluzione non è unica
si itera riscrivendo i vincoli u4 e u5 come:
v4 : x2 + x3 = v(23) - α0
v5 : x1 = v(1) - α0
La soluzione è x = (1/2, 9/4, 13/4) con α1 = - 3/4 e S1 = {{1, 2}, {1, 3}}; poichè la soluzione è
unica la ripartizione trovata costituisce il nucleolo. ◊
Dispense di Teoria dei Giochi
- 32 -
CAPITOLO IV
ALLOCAZIONE DI COSTI
IV.1 TENNESSEE VALLEY AUTHORITY
Il problema dell’allocazione di costi costituisce una delle prime applicazioni della Teoria dei
Giochi. I primi esempi di allocazione di costi risalgono agli anni ‘30 (Tennessee Valley Authority).
Il problema nasce quando è necessario determinare una ripartizione dei costi di un progetto tra i
diversi utenti, tenendo conto del diverso ruolo e dei differenti interessi.
Esiste ovviamente il problema corrispondente di allocazione di profitti, per il quale valgono
analoghe considerazioni.
I concetti di soluzione precedentemente esposti, in particolare valore di Shapley e nucleolo,
costituiscono differenti possibili soluzioni del problema, ma esiste una serie di concetti di soluzione
o metodi di allocazione che hanno una validità generale, che sono stati sviluppati per questo
problema e si basano sui costi separabili.
Per incorraggiare l’economia fu programmata la costruzione di dighe e bacini con tre obiettivi:
􀂃 fornire acqua per generare ennergia;
􀂃 controllare il regime;
􀂃 migliorare la navigazione.
I tre obiettivi si sarebbero “divisi la spesa” secondo i seguenti criteri di equità:
Stand-alone cost test: nessun S ⊆ N dovrebbe pagare più che per un proprio progetto, x (S)
i S
i c ≤ Σ∈
Incremetal cost test: nessun S ⊆ N dovrebbe pagare meno del contributo marginale rispetto agli
altri, x (N) - (N \ S)
i S
i c c ≥ Σ∈
Se x è efficiente le due regole sono equivalenti.
IV.2 METODI DEI COSTI SEPARABILI
Definizioni
# Dato un gioco di costi o cost game c si chiama costo separabile del giocatore i il suo
contributo marginale o costo marginale:
mi = c(N) - c(N\i)
# Se la somma dei costi separabili dei giocatori è minore del costo del gioco si chiama costo
non separabile del gioco la differenza tra i due valori, cioè:
g(N) = c(N) - Σ
∈N i
mi
I vari metodi si differenziano per come viene ripartito il costo non separabile.
Dispense di Teoria dei Giochi
- 33 -
Equa ripartizione (ECA)
Il costo non separabile viene ripartito in parti uguali tra i giocatori. In questo modo il giocatore i
deve pagare il costo:
xi = mi + g(N)
n
1
Costi di alternativa risparmiati (ACA)
Il costo non separabile viene ripartito tra i giocatori proporzionalmente al risparmio ottenuto da
ciascuno per aver pagato il proprio costo separabile invece del costo che avrebbe pagato da solo; in
altre parole definendo il risparmio del giocatore i come:
ri = c(i) - mi
si ha:
xi = mi + g(N) Σ
i∈N
i
i
r
r
Cost Gap (CGA)
Il costo non separabile viene ripartito tra i giocatori proporzionalmente al migliore (minimo)
massimo contributo che ciascuno è disposto a pagare facendo parte di una coalizione, cioè
definendo il costo non separabile di una coalizione S come:
g(S) = c(S) - Σ∈
i S
mi
si ha che il giocatore i è disposto a pagare al più tutto il minimo costo non separabile delle
coalizioni di cui può far parte, per cui ponendo gi = min {g(S) | i ∈ S} si ha:
xi = mi + g(N) Σ
∈N i
i
i
g
g
Osservazione
• Nel caso di un gioco di profitto esiste un concetto di soluzione equivalente al CGA, il valore
τ, introdotto da Tijs nel 1981, che si basa su principi differenti; questo fatto rafforza
reciprocamente i due concetti di soluzione. Posto Mi = min {c(S) − Σ j∈S\{i}mj} si ha:
τ = αM + (1 - α) m
dove α è l’unico valore per cui Σi∈N τi = c(N). Il valore τ esiste solo se il gioco è quasibilanciato,
cioè Mi ≥ mi, ∀ i ∈ N e Σi∈NMi ≥ c(N) ≥ Σi∈Nmi .
Esempio
Sia dato il seguente gioco :
N = {1, 2, 3};
c(1) = 50; c(2) = 60; c(3) = 100; c(12) = 91; c(13) = 110; c(23) = 130; c(N) = 150.
Dispense di Teoria dei Giochi
- 34 -
Applicando le definizioni precedenti si hanno:
Costi separabili
m1 = c(N) - c(N\1) = 150 - 130 = 20
m2 = c(N) - c(N\2) = 150 - 110 = 40
m3 = c(N) - c(N\3) = 150 - 91 = 59
Costo non separabile
g(N) = c(N) - Σ
i∈N
mi = 150 - (20 + 40 + 59) = 31
Risparmi
r1 = c(1) - m1 = 50 - 20 = 30
r2 = c(2) - m2 = 60 - 40 = 20
r3 = c(3) - m3 = 100 - 59 = 41
Costi non separabili delle coalizioni
g(1) = c(1) - m1 = 50 - 20 = 30
g(2) = c(2) - m2 = 60 - 40 = 20
g(3) = c(3) - m3 = 100 - 59 = 41
g(12) = c(12) - (m1 + m2) = 91 - (20 + 40) = 31
g(13) = c(13) - (m1 + m3) = 110 - (20 + 59) = 31
g(23) = c(23) - (m2 + m3) = 130 - (40 + 59) = 31
Minimi costi non separabili
g1 = min {g(1), g(12), g(13), g(N)} = min {30, 31, 31, 31} = 30
g2 = min {g(2), g(12), g(23), g(N)} = min {20, 31, 31, 31} = 20
g3 = min {g(3), g(13), g(23), g(N)} = min {40, 31, 31, 31} = 31
I differenti criteri forniscono:
ECA x1 = m1 + g(N) n
1 = 20 + (1/3)31 = 30.333
x2 = m2 + g(N) n
1 = 40 + (1/3)31 = 50.333
x3 = m3 + g(N) n
1 = 59 + (1/3)31 = 69.333
ACA x1 = m1 + g(N)
1 2 3
1
r r r
r
+ + = 20 + (30/91)31 = 30.220
x2 = m2 + g(N)
1 2 3
2
r r r
r
+ + = 40 + (20/91)31 = 46.813
x3 = m3 + g(N)
1 2 3
3
r r r
r
+ + = 59 + (41/91)31 = 72.967
CGA x1 = m1 + g(N)
1 2 3
1
g g g
g
+ + = 20 + (30/81)31 = 31.481
x2 = m2 + g(N)
1 2 3
2
g g g
g
+ + = 40 + (20/81)31 = 47.654
x3 = m3 + g(N)
1 2 3
3
g g g
g
+ + = 59 + (31/81)31 = 70.864
Per completare l’esempio si possono calcolare le altre allocazioni viste, valore di Shapley e
Dispense di Teoria dei Giochi
- 35 -
Nucleolo. Gli indici di Banzhaf-Coleman non vengono considerati poichè il gioco non è semplice.
Valore di Shapley
Permutazioni Contributi marginali
1 2 3 50 41 59
1 3 2 50 40 60
2 1 3 31 60 59
2 3 1 20 60 70
3 1 2 10 40 100
3 2 1 20 30 100
Valore di Shapley 30.167 45.167 74.667
Nucleolo
La prima soluzione è x = (31, 50, 69) con α0 = -10 e S0 = {{1, 3}, {2}}; poichè la soluzione non è
unica si itera riscrivendo i vincoli u3 e u6 come:
v3 : x1 + x3 = c(13) - α0
v6 : x2 = c(2) - α0
La seconda soluzione è x = (30.5, 50.0, 69.5) con α1 = -10.5 e S1 = {{1, 2}, {2, 3}}; poichè la
soluzione è unica la ripartizione trovata costituisce il nucleolo.
Le allocazioni proposte appartengono tutte al nucleo.
I risultati dell’esempio sono ricapitolati nella tabella seguente:
Allocazioni
Criterio x1 x2 x3
ECA 30.333 50.333 69.333
ACA 30.220 46.813 72.967
CGA 31.481 47.654 70.864
Valore di Shapley (ϕ) 30.166 45.166 74.666
Nucleolo (ν) 30.500 50.000 69.500

Dispense di Teoria dei Giochi
- 36 -
CAPITOLO V
CLASSI DI GIOCHI
V.1 INTRODUZIONE
Per concludere si possono esaminare brevemente alcune classi di giochi che sono state definite per
meglio rappresentare varie situazioni reali; di seguito viene dato un elenco che non ha alcuna
pretesa di completezza ed esaustività:
• Voting games
▪ Weighted Majority games
• Bankruptcy games
• Operations Research games
▪ Production and Linear Transformation games
▪ Network games
- Flow games
- Connection games (Minimum Cost Spanning Tree games, Forest games,
Extension games, Fixed tree games)
- Shortest Path games
- Travelling Salesman games
- PERT games
▪ Sequencing, Assignment and Permutation games
▪ Inventory games
▪ Location games
▪ Transportation games
Nei paragrafi successivi verranno esaminati brevemente alcune di queste classi.
V.2 WEIGHTED MAJORITY GAMES
Sono giochi semplici che si prestano a rappresentare le situazioni di voto che si possono avere in un
consiglio di amministrazione più che in un parlamento. Nel secondo caso infatti le unioni tra i
partiti sono meno elastiche che nel primo caso, in quanto sono presenti situazioni di incompatibilità;
ad esempio un partito di estrema destra e un partito di estrema sinistra ben difficilmente potranno
dare vita ad una coalizione di governo. In generale in un gioco di maggioranza pesata ad ogni
giocatore è associato un numero positivo wi, i ∈ N che esprime il suo “peso”, ad esempio il numero
di azioni; si definisce poi un valore positivo q ≤ Σ i∈N wi che indica la quota necessaria per
approvare un provvedimento. Il gioco v si indica con (q; w1, w2, ..., wn) ed è definito come:
Dispense di Teoria dei Giochi
- 37 -
  

>
= Σ
Σ


i N i
i N i
0 se
1 se
(S) w q
w q
v ∀ S ⊆ N
Il gioco risulta monotono e spesso si suppone anche q > 2 Σi∈N i
1 w in modo che se S è vincente
N\S sia perdente.
V.3 BANKRUPTCY GAMES
Sono giochi che possono essere applicati a tutte le situazioni di allocazione di una risorsa
insufficiente. Un problema di bancarotta può essere visto come un insieme di agenti ciascuno dei
quali ha una richiesta di > 0, i ∈ N su un capitale E, con E < Σi∈N di ; lo scopo del problema è
trovare una divisione ammissibile x = (x1, x2, ..., xn), cioè tale che 0 ≤ xi ≤ di, i ∈ N e Σi∈Nxi = E.
Le tre soluzioni più comuni sono:
􀂃 PROP (Proportional)
Ciascun giocatore riceve una quota proporzionale alla sua richiesta:
PROPi = E Σi∈N i
i
d
d
∀ i ∈ N
􀂃 CEA (Constrained Equal Award)
Ciascun giocatore riceve un’eguale quantità, con il limite della sua richiesta:
CEAi = min {α, di} ∀ i ∈ N
con α tale che Σi∈NCEAi = E.
􀂃 CEL (Constrained Equal Loss)
Ciascun giocatore riceve la sua richiesta, decurtata di un’eguale quantità, salvo che il
risultato sia negativo, nel qual caso riceve 0:
CELi = max {0, di - β} ∀ i ∈ N
con β tale che Σi∈NCELi = E.
Dal punto di vista della Teoria dei Giochi è possibile definire un gioco (pessimistico) definito da:
v(S) = max {0, E − Σi∈N\Sdi } ∀ S ⊆ N
La caratteristica più importante di questo gioco è che il nucleo coincide con l’insieme delle
divisioni ammissibili; inoltre tutte le soluzioni proprie della Teoria dei Giochi che stanno nel nucleo
diventano possibili divisioni.
V.4 OPERATIONS RESEARCH GAMES
Questi giochi risultano estremamente interessanti da un punto di vista strutturale e computazionale
in quanto “ereditano” dal corrispondente problema di Ricerca Operativa alcune caratteristiche che
permettono di semplificare alcuni aspetti complessi della Teoria dei Giochi, primo fra tutti il
significato, oltre che il valore, da attribuire alla funzione caratteristica. I giochi di produzione, già
Dispense di Teoria dei Giochi
- 38 -
visti a proposito del nucleo, sono un ottimo esempio di questo aspetto di questa classe di giochi.
Infatti per costruire la funzione caratteristica è sufficiente risolvere alcuni problemi di
programmazione lineare ed è facile caratterizzare alcune soluzioni del nucleo.
V.4.1 NETWORK GAMES
Una sottoclasse molto ampia è costituita dai giochi su reti. Si distinguono due tipi di giochi su reti:
Giochi sugli archi: I giocatori controllano gli archi.
Giochi sui nodi: I giocatori controllano i nodi.
Il controllo non è necessariamente biunivoco, nel senso che un giocatore può controllare più
elementi oppure un elemento può essere controllato da più giocatori (comitato) oppure possono
esistere elementi non controllati da alcun giocatore (pubblici).
Flow Games
Ogni giocatore può controllare più archi e ogni arco è controllato da un solo giocatore; non ci sono
archi pubblici. Il valore di una coalizione è dato dal valore del flusso massimo dalla sorgente al
pozzo, utilizzando la sottorete che contiene solo archi controllati dai giocatori della coalizione.
Questi giochi sono bilanciati e una allocazione nel nucleo si può ottenere assegnando ai giocatori
che controllano gli archi di un taglio di capacità minima le capacità degli archi del taglio, in accordo
col risultato di Owen.
Le allocazioni corrispondenti ai tagli di capacità minima non rispettano alcun criterio di equità.
Esempio
Si consideri il seguente problema di flusso da vs a vt, dove il giocatore I controlla il primo arco e II
controlla il secondo. La funzione caratteristica del gioco è:
v(I) = v(II) = 0; v(I, II) = 1.
Applicando il risultato esposto si ottiene l’allocazione x = (1, 0) corrispondente al taglio contenente
l’arco da vs a v1. Tale allocazione sta nel nucleo, ma tratta in modo diverso i giocatori che sono
simmetrici rispetto al gioco, mentre il giocatore II “contribuisce” anche maggiormente alla rete,
fornendo un arco di capacità superiore. ◊
Shortest Path Games
Ogni giocatore può controllare più nodi e ogni nodo è controllato da un solo giocatore; non ci sono
nodi pubblici; alcuni nodi sono detti sorgenti, altri pozzi.
Il valore di una coalizione è dato dalla differenza tra il ricavo ottenuto trasportando un bene da una
qualsiasi sorgente ad un qualsiasi pozzo tra quelli controllati dai giocatori della coalizione e il costo
del cammino minimo che attraversa solo nodi posseduti dai giocatori della coalizione; se la
vs v1 v1 2 t
Dispense di Teoria dei Giochi
- 39 -
differenza è negativa il valore della coalizione è nullo.
Poichè il nucleo può essere vuoto si può utilizzare il valore di Shapley come regola di ripartizione
dei profitti; è possibile dare la seguente caratterizzazione (principi di equità):
• efficienza;
• irrilevanza (i giocatori che controllano nodi isolati ricevono un payoff nullo);
• adiacenza (i giocatori che controllano gli estremi di un arco hanno la stessa variazione di
payoff se si elimina l’arco);
• non collegamento (due giocatori che non sono connessi hanno la stessa variazione di payoff
se si elimina l’altro giocatore).
Minimum Cost Spanning Tree Games
Ogni giocatore controlla un solo nodo e ogni nodo è controllato da un solo giocatore; non ci sono
nodi pubblici, eccetto la sorgente, alla quale tutti vogliono essere collegati. Il problema richiede che
il grafo sia non orientato e completo (clique). Il valore di una coalizione è dato dal valore
dell’albero ricoprente di costo minimo che unisce i nodi corrispondenti ai giocatori della coalizione
con la sorgente, attraversando solo nodi posseduti dai giocatori della coalizione.
Eliminando la restrizione sui nodi si ottiene un gioco monotono, cioè un gioco in cui il valore della
coalizione non decresce se si aggiungono altri giocatori.
Esempio
Sia N = {1, 2, 3} con la rete a lato. Il gioco non monotono è:
v(1) = 5; v(2) = 1; v(3) = 4
v(12) = 4; v(13) = 8; v(23) = 3; v(123) = 6
Il gioco monotono è:
v(1) = 4; v(2) = 1; v(3) = 3
v(12) = 4; v(13) = 6; v(23) = 3; v(123) = 6
Questi giochi sono bilanciati e una allocazione nel nucleo si ottiene assegnando ad ogni giocatore il
costo dell’ultimo arco dell’unico cammino non orientato che nell’albero di costo minimo collega il
nodo corrispondente alla radice: anche in questo caso la soluzione non è equa in quanto favorisce i
giocatori più “lontani” dalla sorgente.
V.4.2 SEQUENCING GAMES
Questi giochi, come anche i giochi di assegnazione e di permutazione, modellano le situazioni in
cui i giocatori possono trarre vantaggio da uno scambio di ruolo o di posizione, come in questo
caso. I giocatori attendono un servizio, ad esempio ad uno sportello, e che ogni giocatore conosca il
proprio tempo di servizio ti, i ∈ N e il costo per unità di tempo ci, i ∈ N. Il valore di una coalizione
3
1 2
0
4
5
2
1
3
4
Dispense di Teoria dei Giochi
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è dato dalla somma dei risparmi ottenuti dallo scambio tra giocatori adiacenti.
Una interessante soluzione che sta nel nucleo del gioco e risulta computazionalmente semplice è la
Equal Gain Splitting Rule (EGS) che divide in parti uguali tra due giocatori i e j il guadagno gij
dovuto al loro scambio, cioè gij = (ti cj - tj ci)+.
Esempio
Sia N = {I, II, III} e siano t = (5, 3, 4) c = (5, 9, 8); secondo un risultato di Smith (1956) l’ordine
ottimale dipende solo dall’urgenza, cioè dal rapporto tra il costo e il tempo che in questo caso è
u = (1, 3, 2) per cui l’ordine ottimale è II, III, I. Il gioco associato è:
v(I) = v(II) = v(III) = 0 un giocatore non può scambiarsi
v(I, II) = 30 (5x9 - 3x5)+
v(I, III) = 0 i giocatori I e III non sono adiacenti; si noti che il giocatore II
accetterebbe lo scambio tra I e III
v(II, III) = 0 (3x8 - 9x4)+
v(I, II, III) = 50 (5x9 - 3x5)+ + (5x8 - 4x5)+
ECG = (25, 15, 10) ◊
Dispense di Teoria dei Giochi
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